5 Settembre 2025

Precisione, verticalità, longevità: il manifesto di Borgo Paglianetto per il Verdicchio del futuro

Le colline di Matelica sembrano forgiate per esaltare il Verdicchio: l’orientamento nord-sud della Sinclinale Camerte, pressoché unico nell’Appennino marchigiano, convoglia correnti fresche e crea un microclima marcatamente continentale. Le escursioni termiche rallentano la maturazione, fissano acidità vive – spesso oltre 5 gl di acido tartarico – e mantengono pH intorno a 3,2, valori rari in Italia. A circa quattrocento metri di quota, Borgo Paglianetto coltiva ventiquattro ettari certificati biologici dal 2013, su suoli argilloso-calcarei intervallati da arenarie drenanti che conservano umidità durante le estati siccitose. Le rese volontariamente contenute, circa ottanta quintali per ettaro contro i centotrenta consentiti, concentrano densità, tensione e una salinità quasi tattile.

Fondata nel 2008 dall’unione di due realtà preesistenti, la cantina nasce dalla visione di cinque soci convinti che sostenibilità e rigore artigianale possano tradursi in eccellenza commerciale. Fin dall’inizio Borgo Paglianetto ha scelto energia solare, vasche esclusivamente in acciaio per preservare la precisione aromatica del Verdicchio, e inoculi mirati di lieviti indigeni nelle cuvée Ergon a sostegno dell’identità microbiologica aziendale. La certificazione biologica e l’adesione alla FIVI siglano un progetto in cui etica ambientale e radicamento territoriale coincidono.

Il vino bianco italiano del futuro

Il Verdicchio, allevato quasi esclusivamente a guyot per sfruttare la fertilità basale delle gemme, unisce potenza e verticalità. L’assenza di fermentazione malolattica, resa possibile dalla solida acidità, conserva il timbro agrumato-iodato che firma lo stile di Matelica. Petrara esalta la croccantezza del frutto giovane; Vertis, da vigne più mature e lunghi bâtonnage, combina densità e slancio; Jera Riserva, selezionata dalle parcelle apicali, trasforma la maturità fenolica in volume glicerico senza sacrificare la spinta acida. Persino la cuvée spumante, tirata a dosaggio minimale, sfrutta la tensione naturale dell’uva per consegnare un profilo nitido, salino e longeva persistenza.

Il Verdicchio appare sempre più come il grande bianco italiano del futuro. L’elevata acidità, la buccia spessa e la propensione a maturare gradualmente permettono di affrontare le annate calde senza interventi correttivi. Il corredo aromatico – agrume verde, anice, mandorla, vena iodata – soddisfa la domanda globale di vini tesi e salini. Nessun altro autoctono nazionale coniuga con eguale coerenza versatilità stilistica (fermo, spumante, passito, riserva longeva) e capacità di riflettere i dettagli del terroir.

La visione di Borgo Paglianetto

Matelica, anfiteatro continentale che spazia tra 250 e 600 metri di altitudine, porta queste doti all’estremo. Rispetto ai Castelli di Jesi, dove il clima adriatico ingentilisce il profilo gustativo, la vallata matelicese produce Verdicchi più affusolati, salini e dotati di un potenziale d’invecchiamento sorprendente: bottiglie capaci di evolvere oltre vent’anni mantenendo energia e nitidezza. Non stupisce che, su appena trecentocinquanta ettari vitati, l’area sia considerata la “zona gran cru” del Verdicchio.

Borgo Paglianetto incarna questa vocazione attraverso scelte agronomiche mirate: chioma gestita per preservare malico e aromi tiolici, inerbimento naturale per ridurre l’evapotraspirazione, potature tardive per assecondare un germogliamento moderato dal freddo invernale. Ogni dettaglio converge su un obiettivo: restituire nel bicchiere l’identità inconfondibile di Matelica e confermare, anno dopo anno, che il Verdicchio appartiene al gotha dei vitigni italiani, capace di coniugare profondità, scorrevolezza e freschezza destinata a durare nel tempo.

L’articolo Precisione, verticalità, longevità: il manifesto di Borgo Paglianetto per il Verdicchio del futuro è tratto da Forbes Italia.