Di Alberto Bruschini
Il Rapporto di Primavera 2025 presentato da Asvis al Festival dello Sviluppo Sostenibile a Milano riguardante l’accelerazione della transizione ecologica e di quella digitale prospetta scenari positivi per il futuro dell’economia italiana.
Cosa dice il report
Il rapporto, realizzato in collaborazione con Oxford Economics, che confuta il falso dilemma tra la competitività e la sostenibilità, dimostra che nello scenario Net Zero Transformation il sistema produttivo nazionale potrebbe registrare benefici già dal 2035, con il Pil che potrebbe essere superiore dell’1,1% rispetto a quello previsto dallo scenario di base.
L’andamento favorevole continuerebbe negli anni successivi e nel 2050 il Pil sarebbe superiore dell’8,4% rispetto a quello tendenziale, grazie alla diminuzione del riscaldamento globale, all’innovazione e all’aumento dell’efficienza energetica, che contribuirebbero anche a ridurre la spesa per i danni ambientali e aumentare le entrate fiscali.
Accelerare la transizione ecologica
Il direttore scientifico Enrico Giovannini, anche perché in Italia non siamo all’anno zero, ha sostenuto che “Dobbiamo accelerare la transizione ecologica, non rallentarla, e sostenerla con investimenti innovativi a tutto campo, perché questo produrrebbe risultati positivi per tutti i settori economici sia al 2035 che al 2050.”
In termini aggregati il comparto industriale registrerebbe un aumento del valore aggiunto dell’1,7% nel 2035 e del 14,9% nel 2050. Stesso andamento si registrerebbe anche nel settore dei servizi, se pur in termini più contenuti di quelli indicati per il sistema industriale. Il “Rapporto di Primavera 2025” prevede un inventario di tematiche e di proposte volte a risolvere le specifiche sfide che la Grande Trasformazione in atto, dovuta alla vulnerabilità del clima, alla digitalizzazione e all’intelligenza artificiale, solleva per la crescita della produttività, dell’occupazione del lavoro per i giovani, della natalità, del Prodotto interno lordo.
La Net Zero Transformation
La Net Zero Transformation contribuisce a riaprire i giochi per il futuro creando due nuovi steccati: uno che ruota intorno alle opportunità e uno che ruota intorno a una resistenza sempre più agguerrita, basti pensare alla ritrattazione acritica della vulnerabilità del clima del trumpismo e all’onda crescente in Europa di movimenti luddisti contro la modernità.
Le visioni e i progetti che mirano a contrastare questa indesiderabile e perversa evoluzione sono essenzialmente di tre tipi: il primo rifiuta in radice il cambiamento alzando le barriere della chiusura nazionale (protezionismo); Il secondo si affida ad un mercato capace di autoregolarsi, che ha dato nefaste prove, una per tutte la crisi finanziaria internazionale del 2008-2010; Il terzo punta tutto sull’empowerment, ossia sulla capacità di far fare proprie alle istituzioni e agli enti intermedi il ruolo determinate delle politiche di investimento per renderle congeniali agli obbiettivi indicati dallo scenario Net Zero Transformation.
Si tratta, pertanto, di fare proprio il sistema dell’empowerment spingendo la politica, la società economica e civile a cogliere le opportunità che l’evoluzione della vulnerabilità del clima e delle nuove tecnologie offrono. Si tratta di “un passaggio favorevole ad uno scopo”, come in un tratto di mare in cui il vento spinge verso il porto.
Per massimizzare queste grandi opportunità occorre individuare e rimuovere, utilizzando bene le conclamate semplificazioni a livello nazionale e europeo, il maggior numero di “colli di bottiglia” presenti nell’organizzazione economica e sociale.
I benefici della transizione ecologica
Lo sviluppo sostenibile prospettato dal report contribuirebbe a risolvere l’annosa questione della crescita della produttività del sistema economico, creerebbe le condizioni affinché la remunerazione del lavoro nei contratti collettivi possa essere commisurata al costo medio della vita, potrebbe essere una leva per bloccare tanti giovani che ogni anno se ne vanno a lavorare all’estero per le basse retribuzioni, se non anche per farli tornare, coniugando le nuove possibilità con provvedimenti legislativi ad hoc.
Fondamentale sarà battere il retaggio culturale presente in ogni paese, ossia le credenze, sfruttate dalla politica negatrice della Grande Trasformazione, su cui si fondano molto spesso le istituzioni esistenti e i margini entro cui tali credenze possano essere vanificate.
Il ruolo delle istituzioni
Sarà altresì fondamentale che i nostri governanti e l’opposizione si adoperino per evitare che l’Unione Europea traccheggi di fronte alla complessità dello scenario Net Zero Transformation facendo in modo che ogni nazione non si richiuda nel recinto del proprio paese, stante la necessità di sfruttare le specializzazioni presenti in ciascun paese.
Bisogna uscire dal mezzo del guado. Bisogna non perdere il futuro. Fra le tante scuse che sentiamo accampare per il mancato tentativo di mettere mano alla Grande Trasformazione c‘è un non detto che anima gli apologeti dell’inazione: “dobbiamo focalizzarci sul lungo termine, e non sul breve”.
La prova ci viene fornita da un lato dall’azione di governo che si limita alla razionalizzazione dell’esistente, al fine di ricevere riconoscimenti dalle agenzie di rating che fotografano la realtà fattuale, dall’altro allo stato di impotenza dell’opposizione che non riesce a trovare il bandolo della matassa nemmeno per sollecitare il governo a fare uno scatto in avanti per affrontare lo scenario Net Zero Transformation.
Per non perdere il futuro e far si che la Grande Trasformazione diventi una realtà operativa rapida italiana ed europea vale quanto a questo riguardo sosteneva Keynes nei riguardi di tutti quelli che rinviavano genericamente la risoluzione dei problemi al lungo termine: “Questo lungo termine è una guida fallace per gli affari correnti. Nel lungo termine saremmo tutti morti”.
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L’articolo Perché la transizione ecologica fa crescere il Pil e frena la fuga di talenti è tratto da Forbes Italia.