14 Agosto 2025

Perché dalla sicurezza dei paesi baltici dipende quella dell’Occidente

Articolo tratto dal numero di agosto 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

“L’Europa non è al sicuro se la regione baltica non è al sicuro”. Così, nel 1997, la segretaria di Stato statunitense, Madeleine Albright, sottolineava la centralità delle tre piccole repubbliche di Estonia, Lettonia e Lituania. A distanza di 28 anni si può dire che aveva ragione. La guerra in Ucraina ha riacceso un faro sui tre paesi baltici, tornati al centro dell’attenzione delle cancellerie globali. Vengono visti, anche secondo le segnalazioni degli 007 tedeschi, come il prossimo obiettivo del presidente russo, Vladimir Putin.

La questione Kaliningrad

In primis, l’accesso al Mar Baltico garantito dall’exclave di Kaliningrad è fondamentale per Mosca perché le permette di avere un grande porto accessibile in qualsiasi momento. Per difendere questo avamposto, nella città sono presenti 10-15 mila soldati, oltre a navi da guerra e aerei, tra cui tre Mig-31 armati con missili ipersonici. La Nato, invece, ha oltre 40mila soldati sul confine orientale e ha programmato una forza di risposta rapida pronta in dieci giorni di 100mila uomini in caso di invasione. La Germania dispiegherà fuori dai suoi confini, per la prima volta dal 1945, una brigata di cinquemila soldati in Lituania a presidio del corridoio dei Suwalki, che separa Kaliningrad dalla Bielorussia, strategico perché, se occupato dai russi, isolerebbe le repubbliche baltiche. Anche in Lettonia ed Estonia sono presenti numerosi contingenti Nato. I più numerosi sono i circa tremila soldati canadesi in Lettonia e i mille britannici in Estonia.

I tre paesi baltici sono usciti, come la Polonia e l’Ucraina, dalla convenzione di Ottawa, che vieta l’acquisto, la produzione e l’utilizzo di mine antiuomo. Il governo di Tallinn ha costruito, negli ultimi anni, oltre 600 tra bunker e fortificazioni al confine con la Russia e ha annunciato la creazione di una società statale per costruire esplosivi militari. L’idea è di produrre 600 tonnellate annue di Rdx per realizzare ogni anno circa 100mila proiettili da 155 millimetri (misura standard usata dall’artiglieria Nato). Non molti, se si pensa che in Ucraina, in un mese, ne vengono utilizzati tra i 60 e i 200mila, ma è un inizio. A Narva, città nel nord-est del paese, al confine con la Russia, verrà creata poi una base militare capace di ospitare almeno 200 soldati. L’esercito estone conta 4.200 effettivi, oltre a 3.500 soldati di leva, che possono arrivare a 43.700 con i riservisti. Per di più, nel paese si stanno formando all’uso delle armi circa 18mila civili.

Il boom dell’Estonia

L’Estonia, che ha pianificato di spendere oltre il 5% del Pil nella difesa, a livello di crescita economica è la più vivace delle repubbliche baltiche. Dal 1991 a oggi il Pil pro capite è passato da 2.500 a 28mila euro grazie alla digitalizzazione del paese. Nel 2002 il governo ha lanciato un sistema anagrafico high tech. Oggi il 99% dei servizi pubblici è disponibile via web e alle ultime elezioni quasi la metà degli elettori ha votato per via digitale.

L’Estonia è il paese europeo con il maggior numero di startup ogni 100mila abitanti: 30, contro una media Ue di cinque. Nel paese si contano già dieci unicorni (startup che hanno superato il miliardo di dollari di valutazione) tra cui Skype, Bolt e Wise; tanto che il New York Times ha definito Tallinn “la Silicon Valley sul Mar Baltico”. Questo è stato possibile anche grazie alla legge per la e-residency, che permette di avviare un’attività in Estonia senza risiedervi fisicamente. Dopo l’entrata in vigore della legge, circa 50mila persone hanno fatto richiesta di residenze virtuale nel paese. ll governo ha creato poi un database in Lussemburgo per mettere al sicuro i dati governativi e dei cittadini da hackeraggi russi.

Le minoranze russe

Il timore è che, oltre alla guerra ibrida fatta di campagne di disinformazione, spionaggio e cyber attacchi, ci possa essere un’invasione come in Ucraina. Il pretesto per un’azione di questo genere potrebbe essere la tutela della minoranza russa, presente soprattutto nella parte nord-orientale del paese. Quasi un estone su quattro è di etnia russa e nella regione di Narva i russofoni sono il 73% della popolazione.

Il rapporto dei paesi baltici con le minoranze russe è il secondo tema caldo con Mosca. Dopo la cacciata dei nazisti, nel 1944, Stalin perseguì una politica di deportazioni forzate e incarcerazioni di cittadini dei baltici: le stime parlano di circa 124mila estoni e 140mila lettoni. Allo stesso tempo, Mosca aumentò massicciamente la presenza di cittadini russi nei tre stati. Questo spiega, in parte, perché dopo l’indipendenza, proclamata nel 1991, i tre paesi abbiano cercato di cancellare il passato sovietico e difendere la loro identità, anche discriminando le minoranze russe, viste come colonizzatrici.

Che cosa fanno le repubbliche baltiche

In Lettonia la situazione della minoranza russa è esplosiva. Nel 1989, prima del crollo dell’Urss, solo il 52% della popolazione parlava il lettone. Il governo di Riga ha tolto la cittadinanza ai russi che non hanno dimostrato di risiedere nel paese da prima del 1939. Oggi i russofoni sono circa il 28% del paese, ma rischiano di perdere il permesso di soggiorno se non dimostrano di aver imparato il lettone. Inoltre, Riga ha approvato una legge per vietare ai parlamentari e ai funzionari pubblici viaggi in Russia e in Bielorussia.

La Lituania, oltre a programmare di spendere il 5,5% del Pil nella difesa entro il 2030, ha creato un gruppo di oltre 17mila volontari, l’Unione dei fucilieri lituani, come difesa territoriale. Dal punto di vista infrastrutturale, dovrebbe essere terminata nel 2030 la linea ad alta velocità per collegare Tallinn, Riga e Vilnius, che permetterebbe di arrivare più rapidamente a Varsavia e a Berlino, utile anche per trasportare mezzi e attrezzature militari sul confine orientale.

La posizione di Kaliningrad e i rapporti con le minoranze di etnia russa, quindi, potrebbero fungere da casus belli tra le repubbliche baltiche e la Russia, trascinando tutta la Nato, a cui i tre paesi appartengono dal 2004, in una terza guerra mondiale.

LEGGI ANCHE: Come i droni sono diventati una delle chiavi delle guerre di oggi

L’articolo Perché dalla sicurezza dei paesi baltici dipende quella dell’Occidente è tratto da Forbes Italia.