1 Ottobre 2025

Le aziende sottovalutano l’impatto dei licenziamenti su chi rimane

L’80% dei lavoratori dipendenti globali e il 78% di quelli italiani ritiene che le aziende sottovalutino l’impatto dei licenziamenti su chi rimane. Dopo avere assistito a un licenziamento, il 71% del campione (68% tra gli italiani) dichiara che inizierebbero subito a cercare un nuovo impiego, mentre il 62% (56% in Italia) dice di avere perso fiducia nel proprio datore di lavoro in seguito a un taglio del personale. Circa un sesto degli intervistati (il 12% in Italia) dice di avere smesso di impegnarsi a fondo dopo un licenziamento, il 44% (31% in Italia) dice che la sua produttività è stata compromessa, il 60% (71% in Italia) riporta un aumento dello stress. Un fenomeno che gli hr non sembrano comprendere: la metà (42% in Italia) pensa, anzi, che il personale lavorerebbe più duramente se un collega venisse licenziato.

Sono alcuni dei risultati emersi dalla ricerca Culture in the Balance: Leading Through Layoffs Without Losing Trust (‘La cultura in equilibrio: gestire I licenziamenti senza perdere la fiducia’), condotta da Intoo, società di Gi Group Holding, per capire le sfide che dipendenti e hr affrontano durante i licenziamenti, l’impatto dei tagli e come le aziende possono mitigare gli effetti per preservare chi resta, la cultura e l’integrità del brand. Lo studio, realizzato in collaborazione con la società di ricerca Workplace Intelligence, ha coinvolto 1.100 responsabili hr e 1.100 dipendenti a tempo pieno tra Italia, Argentina, Brasile, Regno Unito e Stati Uniti.

La paura del licenziamento

Il 53% dei lavoratori mondiali e il 37% di quelli italiani teme di essere licenziato entro un anno. Quasi nessuno si sente pronto ad affrontare la ricerca di un nuovo impiego, sia dal punto di vista del network professionale, sia da quello delle competenze e delle capacità necessarie per trovare un’altra posizione. Inoltre, una persona su sei ritiene che la ricerca potrebbe richiedere molto tempo: per il 24% degli italiani, addirittura più di un anno.

Nemmeno le aziende sembrano preparate a eventuali tagli: il 58% degli hr globali e il 65% di quelli italiani ammettono che le loro aziende non forniscono un sostegno adeguato nelle fasi di riduzione del personale, anche se circa i due terzi dichiarano che le loro società sono corrette nel processo di licenziamento. Solo una parte dei dipendenti concorda: il 60% di quelli globali e la metà di quelli italiani ritengono che i loro dirigenti manchino di empatia al momento del licenziamento.

“Bisogna considerare come la gestione dell’uscita rifletta la cultura e l’immagine aziendale”, ha commentato Cetti Galante, ceo di Intoo. “A prescindere dalle difficoltà operative emerse dalla ricerca, oggi è sempre più rilevante una gestione ponderata di questa situazioni, che ne consideri tutte le conseguenze a livello interno ed esterno. È comunicando chiaramente le ragioni di queste scelte e offrendo sostegni concreti, caratterizzati da approcci umani e in linea con i valori aziendali, che si può operare per preservare nel lungo periodo la responsabilità sociale dell’azienda, l’occupabilità delle persone dentro e fuori la propria realtà, il coinvolgimento di chi resta e l’attrattività verso l’esterno, necessaria per la sostenibilità e la resilienza del business”.

Il dopo

Dipendenti e responsabili e hr sono invece allineati su un altro punto: più dell’80% dei membri di entrambe le categorie ritiene che alle persone licenziate dovrebbero essere offerti servizi di outplacement e ricollocamento. Un tema sul quale c’è pochissima informazione: solo il 18% dei dipendenti (21% in Italia) è al corrente dei programmi di outplacement offerti dal proprio datore di lavoro.

I licenziamenti possono avere conseguenze pesanti anche sulla reputazione di un’azienda e incidere sulla sua capacità di reclutare nuovo personale. Circa la metà delle imprese globali (46% in Italia) ha subito ripercussioni online e un lavoratore su cinque sarebbe pronto a lamentarsi pubblicamente (uno su quattro tra i lavoratori della Generazione Z).

“La maggior parte delle persone fatica ad affrontare da sola il mercato del lavoro”, dice Galante. “Per questo è necessario riflettere sempre più sulla cosiddetta ‘long term employability protection’, attività che spetta tanto alle aziende quanto alle persone. Da un lato, le imprese devono riuscire ad affrontare i cambiamenti repentini, gestendone i rischi operativi e reputazionali, mantenendo al tempo stesso engagement, attrattività e fornendo supporti e risorse di qualità alla propria popolazione aziendale. Dall’altro, ciascuno di noi ha la responsabilità di mantenersi ‘employable’ e aggiornato, in termini di competenze e network, per trovarsi pronto a possibili trasformazioni e transizioni di carriera, anche volontarie”.

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L’articolo Le aziende sottovalutano l’impatto dei licenziamenti su chi rimane è tratto da Forbes Italia.