6 Giugno 2025

Lavoratori nel cda? La legge c’è, ma il cambiamento è tutto da costruire

Il testo è depotenziato rispetto alla proposta iniziale avanzata dalla Cisl, ma la legge sulla partecipazione dei lavoratori agli utili aziendali costituisce comunque un fatto storico per il nostro Paese. Ne abbiamo parlato con Giorgia Giorgetti, counsel dello studio legale A&O Shearman.

È stato approvato il Ddl sulla partecipazione dei lavoratori agli utili d’azienda. Un concetto piuttosto nuovo per il mercato italiano. Quali sono le principali novità?
Si tratta di un concetto nuovo nella pratica, ma nella teoria antico, se pensiamo che il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende è previsto nel nostro ordinamento dal 1947, con l’articolo 46 della Costituzione di cui questa legge è il primo vero tentativo di attuazione. Quanto alle novità, si prevedono sostanzialmente quattro modalità di coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa. Sono previste forme di partecipazione nelle scelte strategiche dell’impresa, con l’inserimento di rappresentanti dei lavoratori nel consiglio di sorveglianza oppure nei c.d.a. e nel comitato di controllo sulla gestione. Quanto alla partecipazione economica e finanziaria, sono sostanzialmente ampliate per il 2025 le agevolazioni fiscali applicabili agli utili distribuiti ai dipendenti o ai dividendi derivanti da azioni assegnate in sostituzione dei premi di risultato. Altre novità riguardano l’introduzione di modalità di “partecipazione organizzativa e consultiva”, con l’istituzione di commissioni paritetiche volte a promuovere soluzioni innovative nell’ambito dei processi, dei prodotti e dell’organizzazione del lavoro, e ad esprimere pareri e proposte sulle decisioni aziendali.

Possiamo parlare di un passo storico?
Il testo di legge esce dal dibattito parlamentare molto ridimensionato rispetto all’ambiziosa proposta di legge della Cisl. Soprattutto, la riforma non è più modellata su un obbligo giuridico ad adottare i modelli partecipativi descritti, ma sulla mera possibilità che le società adottino nei propri statuti tali modelli e sempre purché ciò sia previsto dai contratti collettivi. Un doppio salto che riduce l’impatto trasformativo (e, se vogliamo, sostanziale) della riforma.

Quali sono principali aspetti innovativi
L’ordinamento legislativo e contrattual-collettivo italiano non sono estranei a esperienze di partecipazione dei lavoratori, per lo più derivanti dall’attuazione della normativa europea in materia di diritti all’informazione, normativa locale isolata o da pratiche di contrattazione aziendale, sviluppatesi soprattutto nelle grandi imprese caratterizzate da relazioni industriali di tipo collaborativo. Rispetto al passato, si introduce ora per la prima volta una disciplina unitaria sul coinvolgimento dei lavoratori, una regolamentazione organica e generale che contribuisce a fare ordine su un tema che sinora era stato trattato in modo frammentario.

Vede dei punti deboli nella nuova normativa?
L’assenza di obblighi generalizzati e di veri e propri meccanismi premiali fa sì che si tratti di un terreno dotato di fondamenta, ma su cui resta ancora tutto da costruire.

Quali sono i principali vantaggi e svantaggi per gli interessati?
Per i lavoratori, difficile intravedere svantaggi. I vantaggi, invece, appaiono molteplici: possibilità di incidere sulle scelte aziendali, condivisione dei risultati economici e valorizzazione del proprio ruolo. La partecipazione può anche favorire il senso di inclusione e appartenenza.

E per le imprese?
Per le imprese, l’istituzione di spazi partecipativi sembra una risposta adeguata alla necessità di valorizzare il contributo professionale dei lavoratori e favorirne la motivazione, specie alla luce del loro crescente grado di consapevolezza e professionalità: questo, sia in ottica di attraction che di retention. Una maggiore responsabilizzazione dei dipendenti può offrire certamente un vantaggio competitivo in ottica di innovazione e sviluppo, ma anche una migliore capacità di affrontare le sfide legate ai cambiamenti tecnologici e organizzativi, intercettando e rispondendo in modo più efficace ed immediato alle esigenze del mercato e della forza lavoro. Senza dimenticare la valenza che un posizionamento aziendale di questo tipo può avere sulla reputazione dell’azienda in ottica Esg.

Vede nell’attuazione della normativa possibili ostacoli?
L’introduzione di nuovi meccanismi partecipativi potrebbe astrattamente comportare complessità organizzative e possibili rallentamenti dei sistemi decisionali, oltre ad una gestione più articolata delle relazioni industriali. Verosimilmente sono proprio tali potenziali svantaggi, oggi eliminati dalla natura programmatica e non impositiva del testo di legge, ad aver determinato la profonda revisione della proposta legislativa della Cisl nel contesto del dibattito parlamentare. Il principale ostacolo è certamente culturale: basti pensare che ci sono voluti 78 anni per attuare l’articolo 46 della Costituzione che invece riconosce il diritto dei lavoratori a partecipare all’impresa come elemento caratterizzante del modello economico e sociale. Sono ostacoli radicati nella storia delle nostre relazioni industriali, da sempre improntate ad una logica di conflitto e divisione ideologica, proprio all’antitesi rispetto allo spirito del modello partecipativo.

Che ne sarà della contrattazione?
La scelta di subordinare la partecipazione agli statuti societari, piuttosto che ai contratti collettivi, rischia effettivamente di depotenziare il ruolo della contrattazione come leva insufficiente a guidare un vero cambiamento nella relazione industriale.
In generale, la mancanza di obblighi e di incentivi strutturali rischia di relegare la partecipazione a una possibilità più che a una realtà a cui si potrà assistere nell’immediato futuro.

Dunque, qual è il suo giudizio sintetico?
L’efficacia della legge dipenderà dalla capacità di tutti gli interlocutori di emanciparsi dai ruoli tradizionalmente interpretati, volendo cogliere le opportunità offerte e sperimentare nuovi modelli di collaborazione.

L’articolo Lavoratori nel cda? La legge c’è, ma il cambiamento è tutto da costruire è tratto da Forbes Italia.