27 Maggio 2025

L’allarme di un dirigente di LinkedIn: l’IA rischia di spazzare via i lavori dei giovani

“Ci sono crescenti segnali del fatto che l’intelligenza artificiale pone una reale minaccia a un significativo numero di impieghi che normalmente rappresentano il primo passo per le nuove generazioni di giovani lavoratori”. Inizia così l’allarme lanciato sul New York Times da Aneesh Raman, chief economic opportunity officer di LinkedIn.

Raman, che è stato corrispondente di guerra della Cnn e ha scritto discorsi per Barack Obama, ha paragonato quanto successo negli anni ’80, quando molti americani persero il lavoro a causa del declino del settore manifatturiero, a ciò che attende chi oggi svolge lavori d’ufficio. “A rompersi per primo”, ha scritto, “è il gradino più basso della scala di carriera”. In altre parole, l’IA promette di sostituire soprattutto chi svolge le mansioni normalmente assegnate agli ultimi arrivati: i giovani programmatori incaricati di scrivere codici semplici o del debugging, le nuove leve degli studi legali che iniziano spulciando documenti, i giovani addetti al servizio clienti che svolgono i lavori meno delicati.

I dati

L’analisi di Raman si basa anche su dati degli ultimi mesi: il tasso di disoccupazione, da settembre 2022, è cresciuto più tra i laureati che nel resto della popolazione; l’ultimo Workforce Confidence Index di LinkedIn registra un livello più alto di pessimismo tra la Generazione Z che in qualsiasi altra fascia della popolazione; il 63% dei dirigenti intervistati in un recente sondaggio della stessa società ha detto che presto l’intelligenza artificiale svolgerà mansioni normalmente assegnate ai nuovi dipendenti. E il fenomeno non riguarderà solo il settore tecnologico, dove è già più visibile, ma anche quelli della finanza, dei viaggi, del cibo, dei servizi.

Certo, il World Economic Forum stima che, tra il 2025 e il 2030, l’IA produrrà un aumento netto di 78 milioni di posti di lavoro. Ma se a essere colpiti saranno soprattutto i giovani, le loro carriere potrebbero essere condizionate anche per i prossimi anni: secondo il Center for American Progress, chi rimane disoccupato per sei mesi a 22 anni guadagna 22mila dollari in meno nel decennio successivo. E poi ci sono le ripercussioni sociali: i più esposti alla scomparsa di posti di lavoro saranno coloro che non hanno conoscenze utili nelle imprese, e la disoccupazione in determinate fasce della popolazione può provocare turbolenze politiche e sociali.

Lavori da ripensare

La soluzione, secondo Raman, è ripensare i lavori che di norma vengono svolti dai più giovani. “Per prima cosa dobbiamo assicurarci che i lavoratori acquisiscano le competenze che le aziende cominciano a richiedere”, ha scritto. “A meno che non vogliano ritrovarsi senza persone sufficienti per riempire le posizioni dirigenziali nei prossimi anni, i datori di lavoro devono continuare ad assumere giovani. Ma devono ridisegnare le mansioni dei nuovi arrivati per assegnare loro compiti di più alto livello, che aggiungano valore al di là di quanto l’IA è in grado di produrre”.

Raman ha citato gli esempi della società di consulenza Kpmg, in cui i neolaureati, grazie all’assistenza dell’IA, svolgono compiti che in passato erano riservati a chi aveva almeno tre anni di esperienza, e dello studio legale Macfarlanes, dove i giovani avvocati sono incaricati di esaminare contratti complessi, un tempo riservati ai colleghi più esperti.

Secondo una ricerca di LinkedIn, il 40% dei Gen Z sono disponibili a cambiare lavoro e a ridursi lo stipendio tra il 2% e il 5% se in questo modo possono ritagliarsi maggiori opportunità di crescita. La chiave, secondo Raman, è dunque ripensare i ruoli per i più giovani in modo che “insegnino l’adattabilità, non la ripetizione”.

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L’articolo L’allarme di un dirigente di LinkedIn: l’IA rischia di spazzare via i lavori dei giovani è tratto da Forbes Italia.