5 Settembre 2025

La storia di Dick Portillo, il miliardario che ha cominciato con 1.100 dollari e un chiosco di hot dog

Dick Portillo aprì un chiosco di hot dog a Chicago con 1.100 dollari e lo trasformò in una catena regionale da miliardi di dollari, Portillo’s. Dopo aver incassato vendendo tutto nel 2014, ricomprò alcuni locali e costruì un nuovo impero immobiliare e della ristorazione. Oggi si limita a incassare gli affitti.

Sono passati 11 anni da quando Richard ‘Dick’ Portillo ha venduto Portillo’s, la catena di ristoranti specializzata in hot dog alla Chicago e panini con manzo all’italiana che aveva fondato nel 1963. Seduto nel soggiorno della sua casa da 9.000 piedi quadrati (circa 840 metri quadrati) nei sobborghi di Chicago, a pochi minuti dal luogo in cui aprì il primo Portillo’s oltre 60 anni fa, l’ex marine 85enne si lascia prendere dalla nostalgia.

“Mi dispiace di aver venduto. Non dovevo dieci centesimi a nessuno”, dice. Ma alla fine sapeva che era la decisione giusta: “C’erano 24 fondi di private equity interessati a comprare Portillo’s. Il momento era quello giusto”.

La vendita di Portillo’s

Portillo aveva impiegato oltre 50 anni per trasformare un piccolo chiosco di hot dog in un rimorchio di 2 metri per 3,5 senza acqua corrente in una catena regionale tanto amata da spingere Chicago a proclamare ufficialmente il 5 aprile, giorno della fondazione, ‘Portillo’s Day’. Nel 2014 l’azienda generava circa 300 milioni di dollari di ricavi con 38 sedi in quattro stati. Non aveva debiti e Portillo possedeva ogni singolo ristorante. Quell’estate incassò quasi 1 miliardo di dollari vendendo a Berkshire Partners, un fondo di private equity di Boston.

All’improvviso si ritrovò con un mucchio di soldi e poco da fare. Poco dopo la vendita negoziò per ricomprare terreni e immobili di 20 ristoranti Portillo’s e cucine centralizzate in Illinois e Arizona, spendendo oltre 100 milioni e garantendosi affitti ventennali nei locali più redditizi della catena. (Un Portillo’s medio incassa circa 7,6 milioni di dollari, più di colossi in rapida crescita come Chick-fil-A e Raising Cane’s; nella zona di Chicago, dove il marchio è più noto, la media arriva a 11 milioni.) Restò anche come consulente fino al 2021, con un compenso annuo di 2 milioni di dollari.

“Allora era più divertente”

Da allora ha reinvestito il resto dei proventi in decine di attività diverse: da centri commerciali nei sobborghi di Chicago a immobili industriali in Indiana, da appartamenti a Houston a ville speculative a Naples, in Florida. È proprietario di maggioranza del Boathouse a Disney Springs, il terzo ristorante indipendente per fatturato negli Stati Uniti (47 milioni di dollari l’anno scorso) ed è investitore in una celebre steakhouse di Chicago. Inoltre ha acquistato altri quattro locali Portillo’s, con l’intenzione di prenderne altri ancora. “Ecco alcune delle cose che possiedo”, dice sfogliando fotografie delle sue proprietà in giro per gli Stati Uniti e snocciolando le sue attività più redditizie. “Niente male per un ragazzo senza istruzione”,

Tutto questo, insieme al suo portafoglio di obbligazioni, private equity e azioni, oltre a case, jet e yacht (battezzato Top Dog), ha reso Portillo più ricco che mai: secondo le stime di Forbes il suo patrimonio è di oltre 1 miliardo di dollari.

Eppure, nonostante il successo, ammette che la vita oggi è meno entusiasmante rispetto ai tempi in cui costruiva la sua prima impresa. “Portillo’s era divertente. Tantissimo lavoro, Dio mio, quante ore e sacrifici”, ricorda. “Mi dispiace di aver venduto, ero più felice. Sono felice anche adesso, ma allora era più divertente”.

La storia di Dick Portillo

Nato a Chicago da madre greca e padre messicano, operaio e poi assicuratore, Portillo crebbe povero in un complesso di edilizia popolare. Non era un grande studente, e sette giorni dopo il diploma, nel 1957, si arruolò nei Marines.

Dopo due anni a Camp Pendleton, in California, tornò a Chicago e sposò Sharon, la fidanzata del liceo. Poi iniziò a lavorare: sfiancanti turni nelle discariche e nelle fabbriche, alla guida di camion e scaricando vagoni merci, mentre Sharon faceva la cameriera.

Con un figlio e un altro in arrivo, Portillo decise di cambiare vita. “La maggior parte dei litigi dei miei genitori era per i soldi, e io non volevo essere povero”, dice. “Pensavo: ‘Ragazzo, con tutti questi lavori sto andando proprio lì’. Non ero qualificato per nulla”.

Il primo chiosco

Notando quanti chioschi di hot dog affollavano le strade di Chicago, decise di aprirne uno suo — ma nei sobborghi, dove c’era meno concorrenza. Inaugurò il primo chiosco a Villa Park nel 1963. Aveva 23 anni e convinse la moglie a investire tutti i loro risparmi, 1.100 dollari (circa 11.600 di oggi), nell’attività, che battezzò ‘The Dog House’. Suo fratello Frank mise la stessa cifra, ma Portillo lo liquidò dopo quattro mesi.

Non sapeva nulla di ristorazione o di hot dog, così iniziò a spiare i concorrenti per capire dove comprassero carne, pane e condimenti, e pian piano il business iniziò a crescere. Le vendite raddoppiavano ogni anno e nel 1967 si trasferì in un edificio, ribattezzando l’attività Portillo’s. (E finalmente installò un bagno.)

Usò ogni trucco per battere la concorrenza. Dopo aver aperto il primo drive-through nel 1983, disse al figlio Michael di comprare dei walkie-talkie da RadioShack per prendere ordini dai clienti in fila e far preparare subito il cibo in cucina. “Pensai: ‘È l’idea più stupida che abbia mai sentito in vita mia’. E accidenti se non aveva ragione. Vedemmo risultati immediati”, ricorda Michael, 65 anni, oggi vicepresidente del supporto ristoranti in Portillo’s.

Portillo rese anche il menu il più complesso possibile per distinguersi dalle catene nazionali di fast food. “Pensavo: ‘Portillo’s non solo può competere con McDonald’s e Burger King, ma può batterli alla grande’. Non sono solo hot dog, ma due tipi di pollo, due tipi di salsiccia polacca, hamburger, insalate”, spiega. Ciò richiedeva anche una formazione costante per i dipendenti — un manuale del 1988 spiegava nei minimi dettagli come lavare le pentole e come parlare ai clienti —, molti dei quali rimasero a lavorare con lui per decenni. “Nei Marines ho imparato il valore del lavoro di squadra, dell’organizzazione e della formazione”, aggiunge.

L’espansione

Nel 1988 Portillo fatturava già 20 milioni di dollari l’anno. Quello stesso anno Forbes lo descrisse come un “astro nascente”. L’articolo raccontava come decorasse ogni locale con oggetti d’antiquariato, dando a ciascuno un tema diverso, da una tavola calda anni ’30 a un diner anni ’50. “Sono cose che una tipica catena di fast food non farebbe”, disse allora Portillo a Forbes.

Portillo’s uscì per la prima volta dall’Illinois nel 2005, aprendo un ristorante in California. Aveva iniziato a spedire in tutto il paese già cinque anni prima, e Portillo puntava sulle città dove sapeva che vivevano molti ex abitanti di Chicago. Nel 2013 era arrivato anche in Indiana e Arizona, dove un nuovo ristorante a Scottsdale incassò 82mila dollari il giorno dell’inaugurazione, con centinaia di persone in fila. “Ho aperto quattro locali in un anno senza chiedere un centesimo in prestito, pagavo in contanti”, dice. “Quando abbiamo aperto, sono impazziti. Era come stampare soldi”.

La capacità di Portillo di far crescere continuamente le vendite, pur mantenendo un menu complesso e andando oltre la sua area d’origine, attirò l’attenzione di investitori come Berkshire Partners. “Ha creato un concetto di ristorazione unico in un settore affollatissimo”, dice Mike Miles, direttore di Berkshire, membro del cda di Portillo’s e tra i protagonisti della quotazione in Borsa del 2021. “Un Portillo’s medio fa tanto volume di consegne quanto un Domino’s. Fa molto più drive-through di un McDonald’s. [Portillo] è stato molto determinato a proporre una varietà di menu abbastanza ampia da attrarre clienti diversi, ma non così complessa da non poter essere eseguita bene”.

I nuovi investimenti

Dopo la vendita, Portillo ha applicato lo stesso approccio ai suoi investimenti: diversificare il più possibile, anche nello stesso immobile. “Non bisogna mai mettere tutte le uova nello stesso paniere”, dice, indicando uno dei suoi centri commerciali nei sobborghi, dove gli esercizi spaziano da un autolavaggio a un ristorante messicano, da un salone di bellezza a FedEx. “Non c’è un unico grande cliente che, se chiude, ti mette nei guai. Questa è la mia rete di sicurezza”.

Dal 2014 ha accumulato circa duemila appartamenti in Texas, Florida, Georgia e Kentucky. Poi la pandemia di Covid-19 ha spinto molte persone a trasferirsi a Sud, facendo schizzare gli affitti in quegli stati. Portillo ha venduto la maggior parte degli appartamenti man mano che i valori salivano tra il 2021 e il 2024, ma ha tenuto 270 unità a Houston, occupate al 97%. Nel 2016 ha iniziato anche a comprare immobili industriali a Indianapolis, arrivando a quasi 370mila metri quadrati e attirando inquilini come Amazon e FedEx, mentre durante la pandemia esplodeva la domanda di spazi per magazzini.

È una strategia vincente per imprenditori in cerca di una nuova missione dopo aver venduto l’opera della loro vita. “Mi ha insegnato ad andare a cercare i migliori immobili, costruirci ciò che serve, rivenderli e incassare”, dice il miliardario Jimmy John Liautaud, che ha venduto la sua catena di panini Jimmy John’s pochi anni dopo Portillo, tra il 2016 e il 2019, e lo considera un mentore.

“Investimenti un po’ noiosi”

Portillo è stato anche prudente con i contanti, mantenendo il 63% investito in obbligazioni, il 22% in azioni e il 15% in altri strumenti come private equity. Quando ha rischiato, spesso gli è andata bene: nel 2014 ha investito 5 milioni di dollari in Uber — cinque anni prima della quotazione in Borsa, nel 2019 —, una partecipazione che oggi vale circa 13 milioni.

Non che Portillo ne sia entusiasta. “Sono tutti investimenti un po’ noiosi”, scherza. Ciò che lo diverte di più, ultimamente, è costruire case a Naples, progettarle da zero. “Il mio hobby è costruire case, arredarle. Mi sono divertito molto a farlo”.

Quelle case, però, sono l’investimento in cui ripone meno fiducia. “Due o tre anni fa, Naples era uno dei mercati immobiliari più caldi del Paese. Ho investito 54 milioni in queste case, finora ne ho venduta una sola. Le altre no, il mercato è sceso”, dice. “Vuoi comprarne una? Ti faccio un buon prezzo”. David Hoffmann, miliardario vicino di casa di Portillo a Naples che ha un proprio impero immobiliare nella zona, è invece più ottimista: “Credo moltissimo in questo mercato. È il posto migliore in cui vivere in America”.

Business e passioni

Anche se si lamenta della noia, la pensione ha dato a Portillo il tempo di coltivare le sue passioni. Appassionato della Seconda guerra mondiale, ha realizzato un documentario per la Pbs sulla ricerca del relitto dell’ammiraglio giapponese Isoroku Yamamoto — l’artefice dell’attacco a Pearl Harbor — sull’isola di Bougainville, nel Pacifico. È anche un collezionista d’arte con antichità azteche, cinesi, egizie, greche e romane vecchie di secoli. E ha donato quasi 13 milioni di dollari a organizzazioni come la Chicago Diabetes Foundation (la moglie Sharon soffre di diabete di tipo 1), la sua vecchia scuola superiore e il battaglione Wounded Warrior di Camp Pendleton.

Quanto all’azienda che ha costruito e gestito per 51 anni, Portillo è più distaccato. Non possiede azioni di Portillo’s e non frequenta più molto i ristoranti. Mentre la catena continua a espandersi senza di lui — oggi ha 94 locali in dieci stati e ha chiuso il 2024 con 711 milioni di dollari di ricavi — vede le sedi che possiede per quello che sono: un altro buon investimento. “Se falliscono o chiudono, ho comunque una buona proprietà e mi piace fare il locatore”, dice. “E c’è sempre qualcuno che cerca un ottimo immobile”.

LEGGI ANCHE: La storia di Patrizio Vinciarelli, il fisico nato a Roma che è diventato miliardario partendo da una cantina

L’articolo La storia di Dick Portillo, il miliardario che ha cominciato con 1.100 dollari e un chiosco di hot dog è tratto da Forbes Italia.