5 Settembre 2025

La sostenibilità in Italia tra consapevolezza diffusa e difficoltà di azione concreta: una sfida che il nostro Paese non può rimandare

La sostenibilità è ormai parte integrante del lessico quotidiano degli italiani, un concetto che ha conquistato un posto stabile nel dibattito pubblico e nelle strategie di imprese e istituzioni. Tuttavia, tra la crescente consapevolezza e la pratica concreta rimane un divario significativo. È questo il quadro che emerge dal nuovo studio “L’evoluzione della sostenibilità tra cultura, percezione e pratiche”, realizzato da Fondazione PwC Italia in collaborazione con JTI Italia e Arel, presentato il 4 settembre a Milano.

L’indagine, condotta su un campione rappresentativo di oltre mille cittadini, analizza come la sostenibilità venga compresa, percepita e tradotta nella vita di tutti i giorni, offrendo uno spaccato che riflette tanto l’evoluzione culturale del Paese quanto le difficoltà nell’adozione di comportamenti coerenti.

Percezione e realtà: il gap italiano

Se da un lato l’82% degli intervistati dichiara di conoscere il significato di “sostenibilità”, dall’altro solo il 36% è in grado di darne una definizione corretta. La maggioranza (55%) tende a ridurla alla sola dimensione ambientale, mentre un ulteriore 9% fornisce risposte del tutto non pertinenti. Nonostante il 51% degli italiani la consideri molto importante nella vita quotidiana, la percentuale di chi agisce realmente in maniera sostenibile resta minoritaria: il 44% compie scelte legate alla tutela ambientale, il 41% si concentra sugli aspetti economici e soltanto il 14% agisce con coerenza sul piano sociale.

Guardando al futuro, il 78% del campione si dice pronto a ridurre l’uso di plastica monouso e il 75% intende contenere i consumi non essenziali. Ma la propensione ad azioni più impegnative cala drasticamente: solo il 44% è disposto a dedicare tempo al volontariato. Le barriere non mancano: il 40% afferma di non avere abbastanza tempo per compiere scelte sostenibili, il 41% segnala la mancanza di opzioni accessibili sul territorio e il 39% esprime sfiducia sulla veridicità delle etichette dei prodotti che si dichiarano sostenibili.

Generazioni a confronto

Lo studio mette in luce differenze significative tra fasce d’età, legate a esperienze formative e contesti culturali diversi. La Generazione Z (18–28 anni) si distingue per la riduzione dell’uso di plastica monouso (83%) e dei consumi superflui (79%). È anche la più disposta a pagare un premium price per prodotti sostenibili (86%) e la più sensibile alle tematiche sociali e all’inclusione, confermando un orientamento valoriale trasversale che va oltre la sola dimensione ambientale.

I Millennials (29–44 anni) interpretano la sostenibilità come sobrietà ed equità. Tra i loro comportamenti prevalgono la riduzione dei consumi energetici (79%), l’acquisto da produttori locali (66%) e da filiere etiche (65%). Sono inoltre attivi sul fronte sociale: il 39% partecipa a iniziative di volontariato e il 60% si impegna in attività di formazione rivolte a persone vulnerabili.

La Generazione X (45–60 anni) lega la sostenibilità a una cultura della parsimonia domestica: riduzione degli sprechi, stagionalità negli acquisti e utilizzo di prodotti riutilizzabili. L’80% dichiara la volontà di ridurre i consumi energetici, un atteggiamento in linea con l’educazione alla responsabilità maturata tra gli anni ’80 e ’90.

Infine, i Baby Boomers (oltre 60 anni) mostrano minore familiarità con il concetto stesso (solo il 32% sa definirlo correttamente), ma praticano una sostenibilità silenziosa, basata sul non-spreco e sulla preferenza per soluzioni durature. Solo il 63% è disposto a pagare un prezzo maggiore per prodotti sostenibili, ma l’approccio pragmatico li rende tra i più coerenti nei comportamenti quotidiani.

Il ruolo delle imprese nella transizione

Secondo gli intervistati, la responsabilità della transizione sostenibile ricade soprattutto sulle istituzioni pubbliche (42%), seguite dai cittadini (28%) e solo in terza battuta dalle imprese (22%). Un dato che sembra in contrasto con quanto rilevato dall’ISTAT: già nel 2023 il 69% delle aziende manifatturiere e il 62,4% di quelle dei servizi avevano adottato pratiche sostenibili, con punte dell’85,9% tra le grandi realtà dei servizi con oltre mille dipendenti.

Un esempio concreto è quello di JTI Italia, che ha sviluppato un approccio integrato alla sostenibilità collaborando con enti del terzo settore e istituzioni. Sul fronte ambientale ha promosso, insieme a Save the Planet, la campagna anti-littering #IoLaButtoLì e il programma Sustainable Cities, dedicato alla riqualificazione urbana. In ambito sociale sostiene iniziative contro la povertà alimentare ed energetica, mentre dal punto di vista economico ha investito circa 300 milioni di euro nella filiera tabacchicola italiana, siglando un accordo triennale con il Ministero dell’Agricoltura per l’acquisto di 8.000 tonnellate di tabacco l’anno.

La sostenibilità come sfida progettuale

Lo studio sottolinea come la sostenibilità abbia ormai conquistato una centralità valoriale, ma che la sua efficacia dipenda dalla capacità di essere declinata in azioni concrete, semplici e percepite come utili. I successi registrati su raccolta differenziata e riduzione della plastica monouso dimostrano che l’impegno attecchisce quando si intreccia con pratiche quotidiane e riferimenti culturali già presenti.

La dimensione ambientale rimane però predominante, mentre quella sociale ed economica fatica a tradursi in comportamenti diffusi. Per superare lo squilibrio servono strumenti chiari e accessibili, oltre a trasparenza e coerenza comunicativa. La sfida non è più soltanto culturale, ma progettuale: occorre costruire condizioni operative che facilitino scelte sostenibili per cittadini e imprese, riducendo gli ostacoli e rafforzando la fiducia.

Un dialogo tra istituzioni, imprese e ricerca

La presentazione dello studio ha visto il contributo di rappresentanti del mondo istituzionale, imprenditoriale e accademico. Sono intervenuti, tra gli altri, Giovanni Andrea Toselli (Presidente e AD di PwC Italia), Didier Ellena (Presidente e AD di JTI Italia), Sara Zanellini (PwC Italia), Andrea Lamberti (Arel), Luca Brigada Villa (Università di Pavia), Adriana Valle (JTI Italia), Irene Tinagli (Parlamento europeo), Alice Lazioli (Confartigianato) e Alessandro Colucci (Camera dei Deputati). Le conclusioni sono state affidate a Enrico Letta, Presidente di Arel.

“Per JTI Italia, la sostenibilità non è un obiettivo da raggiungere, ma un principio da vivere e condividere”, ha dichiarato Didier Ellena. Andrea Toselli ha rimarcato l’importanza di trasformare la consapevolezza in azioni misurabili, mentre Enrico Letta ha evidenziato come la vera sfida sia di natura progettuale: creare le condizioni perché la sostenibilità diventi criterio reale nelle scelte individuali, collettive e aziendali.

L’articolo La sostenibilità in Italia tra consapevolezza diffusa e difficoltà di azione concreta: una sfida che il nostro Paese non può rimandare è tratto da Forbes Italia.