10 Settembre 2025

Irpef e bonus al centro della legge di bilancio, ma l’industria resta fuori: quali sono i limiti della manovra del governo

La presidente Meloni, intervenendo al meeting di Rimini, ha individuato nella riduzione dell’Irpef per il ceto medio, nel piano casa per le giovani coppie, nel taglio strutturale delle bollette e negli interventi a favore della natalità e delle scuole primarie i pilastri della prossima legge di bilancio. Restano invece fuori da queste priorità la rottamazione quinquies invocata da Salvini – con benefici ristretti solo a una parte del ceto medio – e le misure richieste da Forza Italia per rafforzare la sanità e aumentare le pensioni minime.

Industria e produttività, la bocciatura di Confindustria alle misure del governo

Le direttrici indicate dalla presidente appaiono pensate per un Paese in buona salute economica e sociale. La realtà italiana, però, è ben più complessa. La crisi del made in Italy, le difficoltà dell’industria, la mancata soluzione della vicenda Ilva, le basse retribuzioni unite alla scarsa produttività, oltre alla tempesta dei dazi innescata da Trump, non sembrano rientrare tra gli obiettivi del Governo.

Non a caso, il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, intervenendo il 3 settembre all’Assemblea generale degli industriali emiliani, ha bocciato senza mezzi termini le misure ipotizzate. La sua posizione è stata netta: “La crescita non si fa intervenendo sull’Irpef. Si fa con una visione di lungo termine, mettendo al centro l’industria, lottando contro i contratti pirata e puntando sull’aumento della produttività”. E ancora: “Il reddito dei lavoratori e i salari non crescono con un taglio dell’Irpef o con una misura una tantum. I salari aumentano con i contratti di produttività”.

Il rilancio della domanda passa dall’industria, non dai bonus fiscali

Per un paese industrializzato come l’Italia, membro del G7, il contrasto tra le misure proposte dalla maggioranza e l’appello di Confindustria a destinare 8 miliardi al rilancio dell’industria rivela una profonda divergenza di vedute. La flessione della domanda interna, dovuta al caro vita e ai bassi salari, non si inverte con provvedimenti congiunturali come il taglio annuale dell’Irpef o gli incentivi alla natalità.

Un aumento stabile della domanda interna può derivare solo dal recupero della capacità produttiva delle imprese, che in passato ha permesso all’Italia di competere sui mercati internazionali e di garantire salari adeguati, tali da consentire ai lavoratori una vita dignitosa e l’acquisto della prima casa.

Per raggiungere questo obiettivo – che richiede ben più di 8 miliardi e un impegno pluriennale – serve una massa critica di risorse pubbliche, da integrare con quelle dell’Unione Europea. Risorse che il governo dovrebbe rivendicare in sede di Consiglio europeo, abbandonando il ricorso al solo provvidenzialismo per l’industrializzazione.

Contratti pirata ed evasione fiscale, il nodo irrisolto della crescita italiana

Orsini ha inoltre richiamato l’urgenza di “lottare contro i contratti pirata”, considerati una forma più o meno mascherata di evasione fiscale. Mentre il ministro Giorgetti fatica a recuperare 6 miliardi nei meandri del bilancio, resta irrisolto – non solo quest’anno – il tema dell’evasione. La Corte dei Conti, nel primo volume del Rendiconto generale dello Stato, ha chiaramente indicato la strada: “La priorità dovrebbe essere l’equità fiscale e la lotta all’evasione”. Ma i fatti raccontano altro: i versamenti effettivamente incassati dall’attività di accertamento e controllo coprono appena il 17,7% delle somme evase accertate.

Per i magistrati contabili è “altamente probabile” che le continue rottamazioni alimentino l’idea che sia sempre possibile sfuggire all’azione esecutiva. Non a caso, la rottamazione quater ha lasciato per strada 11,2 miliardi di euro di rate scadute e non versate, pari al 49% dell’obiettivo. Si parla spesso di ‘evasione di necessità’, senza mettere in dubbio la buona fede. Ma è disdicevole bollare i controlli rigorosi come “pizzo di Stato”, mentre il Governo continua a non affrontare seriamente un serbatoio da oltre 80 miliardi di evasione annua: potenziali entrate dormienti, lasciate intatte per non turbare l’elettorato.

Condoni e rinvii non bastano: senza industria l’Italia rischia di perdere le sfide future

Gli ammonimenti della Corte dei Conti restano inascoltati. Anzi, con il decreto del 17 giugno 2025 n. 28, convertito in legge ad agosto, si è esteso al biennio 2025-2026 il concordato preventivo, prevedendo un condono tombale per le imposte sui redditi e l’Iva evasi nel periodo 2019-2023, sanabili con il pagamento del solo 10% su un imponibile maggiorato del 5%.

La presidente Meloni sembra pensare che l’attuale equilibrio possa proiettarsi senza scosse nel futuro. Ma non si può vivacchiare: soltanto il rilancio della manifattura, della produttività e delle retribuzioni può fornire lo slancio necessario a invertire il calo della domanda interna e rafforzare l’intervento pubblico.

Il mancato raggiungimento di questo obiettivo cruciale esporrebbe il paese all’impossibilità di affrontare sfide epocali: dalla vulnerabilità climatica alle trasformazioni generate da tecnologie sempre più avanzate, fino alla diffusione dell’intelligenza artificiale. Non è più tempo di adagiarsi sugli allori della politica estera.

L’articolo Irpef e bonus al centro della legge di bilancio, ma l’industria resta fuori: quali sono i limiti della manovra del governo è tratto da Forbes Italia.