18 Luglio 2025

Il modello che ha trasformato Manchester City e PSG in potenze della Champions League, secondo Francesca Petriccione

Articolo tratto dal numero di luglio 2025 di Forbes Italia. Abbonati!

di Alessandro Dall’Onda

Avvocato internazionalista con consolidata expertise nei settori del cross-border m&a e del diritto sportivo internazionale, Francesca Petriccione è una figura pressoché unica nel panorama legale italiano. Con un mba conseguito alla Yale University, un track record ultradecennale in area Mena (Medio Oriente e Nordafrica), con particolare focalizzazione su Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, e una fluente padronanza di cinque lingue, tra cui l’arabo, ha costruito la sua carriera sull’intersezione tra legge, business e geopolitica dello sport. Docente di diritto internazionale all’Università Statale di Milano, è advisor legale e strategico per club di Serie A, Premier League e Liga. Li accompagna nello sviluppo di progetti di espansione e consolidamento commerciale in Arabia Saudita e nei mercati del Golfo.

Avvocato, lei opera da anni ad alto livello in campo internazionale, Middle East e Stati Uniti. Sono le nuove traiettorie globali del calcio?

Direi di proprio di sì. Nel giro di pochi anni il calcio è diventato un settore di investimento a pieno titolo: appetibile, internazionale, scalabile. I successi in Champions League di Manchester City (2023) e Paris Saint-Germain (2025) lo confermano. Ma rappresentano anche il segnale che gli investitori del Medio Oriente, in particolare Abu Dhabi e Qatar, hanno vinto una scommessa complessa: costruire un modello sportivo sostenibile, competitivo e redditizio, partendo da capitali sovrani ma adottando criteri manageriali tipici dei fondi internazionali.

Nelle ultime tre edizioni di Champions League, si sono imposti due club di matrice emiratina, come City e Psg: il baricentro del pallone si sta spostando nel Golfo?

Credo sia un segnale importante. Le vittorie di Manchester City e Psg hanno sancito la maturazione del modello di investimento del Golfo nel calcio europeo. Non si tratta più solo di progetti guidati da interessi geopolitici o d’immagine, ma di veri club-impresa, gestiti con logiche industriali e culturali proprie dell’intrattenimento. Le proprietà non si sono limitate a iniettare risorse: hanno impostato strutture di governance moderne, ridisegnato i processi interni, investito in infrastrutture, contenuti e canali di comunicazione, trasformando le società in piattaforme sportive con proiezione internazionale. Il Manchester City, all’interno della rete multi club di City Football Group, è oggi un riferimento globale per la gestione dei calciatori, la valorizzazione del marchio, l’uso dei dati e la diversificazione dei ricavi. Il Psg si è affermato come marchio globale in un contesto competitivo come la Ligue 1, mantenendo un ruolo centrale nella strategia sportiva del Qatar. Il successo sportivo diventa così la conferma di un modello industriale: dimostra che, con visione strategica e tempi di ritorno medio-lunghi, è possibile generare risultati sostenibili e credibilità istituzionale.

I successi di City e Psg possono essere uno stimolo ulteriore per l’Arabia Saudita a investire nel calcio?

All’interno del quadro competitivo tra i paesi del Golfo, i traguardi raggiunti da Abu Dhabi e Doha rappresentano anche un impulso indiretto per l’Arabia Saudita, che ha avviato un piano di sviluppo sportivo attraverso il Public Investment Fund (Pif). Dopo aver rivoluzionato la Saudi Pro League e acquisito il Newcastle United in Premier League, resta da capire se Riad intenda ora rafforzare la propria presenza anche nell’Europa continentale.

Le risorse non mancano…

No di certo: hanno abbondanza di capitali, una strategia di promozione nazionale attraverso lo sport, e l’obiettivo di posizionare il Regno come centro globale per eventi internazionali in vista, tra l’altro, dei Mondiali 2034. Lo step successivo potrebbe essere l’ingresso in club europei, anche tramite partecipazioni di minoranza o alleanze strategiche con società alla ricerca di rilancio.

Risorse illimitate e forte propensione a investire: lei che opera in Arabia Saudita, ci spiega le dinamiche, le potenzialità e le prospettive di questo player?

Entrare nel mercato saudita è al tempo stesso un’opportunità di grande scala e una sfida complessa. Il Pif è oggi tra i maggiori fondi sovrani al mondo, con un mandato esplicito di diversificazione economica anche attraverso lo sport. L’interesse per il calcio non è episodico: rientra in una visione integrata che include turismo, tecnologia, intrattenimento e grandi eventi. Tuttavia, per operare con successo nel contesto saudita è fondamentale comprendere a fondo il quadro normativo, la struttura delle operazioni, le dinamiche istituzionali e le sensibilità reputazionali. A chi si rivolge a me per un supporto professionale, chiarisco immediatamente che i potenziali partner devono disporre di competenze settoriali solide e dimostrare un impegno credibile sul lungo periodo. Per club, advisor, leghe e media, aprirsi all’Arabia Saudita può significare attrarre nuovi capitali, attivare progetti congiunti e ampliare la visibilità internazionale. Ma servono preparazione, posizionamento e capacità di gestire contesti culturali differenti da quelli occidentali, altrimenti si rischia di trovarsi di fronte un muro insormontabile.

A proposito di investitori stranieri, lei ha curato in prima persona l’acquisizione di un club di Serie A italiana da parte di un fondo di investimento americano…

È stata un’operazione che mi ha visto coinvolta a 360 gradi, la prima di queste dimensioni nel calcio italiano. Questo deal evidenzia come, nel contesto di crescente internazionalizzazione del calcio, anche l’Italia inizi a offrire esempi interessanti. L’acquisizione dell’Hellas Verona da parte del fondo statunitense Presidio Investors è un caso rilevante: un intervento su un club di tradizione, radicato sul territorio attraverso una fan base molto fidelizzata e una presenza stabile in Serie A.

Riuscire a restare in Serie A, poi, ha dato una mano.

Aver conquistato la permanenza nella massima serie per la prossima stagione è stato un momento chiave per la nuova proprietà. Consente di pianificare un percorso di sviluppo tecnico ed economico orientato al medio periodo, puntando su infrastrutture, valorizzazione del settore giovanile e rafforzamento del posizionamento commerciale. Verona può diventare un laboratorio per l’applicazione di una gestione più strutturata, con attenzione alla trasparenza, al controllo dei costi e alla crescita dei ricavi. È un approccio già visto in altri club italiani con proprietà americane, che puntano a creare valore attraverso una gestione moderna e orientata ai risultati.

L’ingresso di nuovi investitori nel calcio è sempre più frequente: esiste un sistema di controllo a livello istituzionale per verificare l’affidabilità di questi investitori?

Il calcio resta un settore attrattivo per i capitali internazionali, ma le condizioni di accesso variano da paese a paese. Il confronto, per esempio, tra Regno Unito e Italia è emblematico. Nel sistema inglese, il quadro normativo è maturo: i controlli di idoneità sono chiari, i processi di verifica strutturati, la trasparenza elevata. Gli impianti sportivi sono quasi sempre di proprietà dei club e possono essere valorizzati come beni patrimoniali. Il calcio è integrato nel tessuto economico, con professionalità diffuse e forte responsabilità nella gestione.

In Italia, invece…

L’Italia, al contrario del Regno Unito, presenta uno scenario ricco di sfide per un investitore ambizioso e visionario: regolamentazioni poco trasparenti, governance instabili, carenze infrastrutturali e immobilismo di fronte al cambiamento. Le considero sfide perché le criticità rappresentano anche un margine per creare valore. Chi dispone di visione, capitale e strumenti può trovare nel calcio italiano un’opportunità significativa. In sintesi: il mercato inglese offre stabilità, ma richiede investimenti più elevati. L’Italia è meno strutturata, ma può premiare investitori capaci di generare trasformazione. Il calcio è entrato a pieno titolo tra le priorità dei grandi investitori internazionali. Il Medio Oriente lo utilizza come leva strategica, gli Stati Uniti come terreno di sperimentazione economica. L’Europa, Italia inclusa, è al centro di questa evoluzione. Chi saprà anticipare i nuovi modelli tra sport, impresa e sviluppo industriale sarà protagonista del futuro del settore.

L’articolo Il modello che ha trasformato Manchester City e PSG in potenze della Champions League, secondo Francesca Petriccione è tratto da Forbes Italia.