Ha giocato un’Olimpiade con la nazionale rumena di hockey su ghiaccio, poi ha quasi vinto la Coppa Davis con quella di tennis. Parla rumeno, francese, italiano, tedesco, spagnolo, ungherese, russo e inglese. Possiede circa 400 macchine. Il New York Times ha scritto che negli anni ’60 perse tutti i suoi soldi – 600 dollari – puntando 13 volte di fila sul nero alla roulette. Ha scoperto e allenato campioni come Boris Becker, poi ha fatto il banchiere, l’assicuratore, il venditore di auto. Ha fondato società di servizi finanziari e una compagnia aerea. Nel 2007 Ion Tiriac è diventato il primo rumeno a entrare nella classifica dei miliardari di Forbes. Oggi, a 86 anni, è ancora il tennista o ex tennista più ricco del mondo, con un patrimonio di 2,2 miliardi di dollari.
La storia di Ion Tiriac
L’unica cosa banale, nella vita di Tiriac, è il soprannome: lo chiamavano ‘il conte Dracula’ perché è nato a Brasov, in Transilvania. Suo padre lavorava in comune e morì quando il figlio aveva 11 anni. Sua madre lavorava in una fabbrica. Vivevano vicino al centro sportivo locale, dove Tiriac passava la maggior parte delle sue giornate. Praticava più o meno tutte le discipline, ma l’hockey era quella in cui riusciva meglio. Decise di farne una carriera e nel 1961 vinse il titolo nazionale con il Cca Bucarest. Nel ’64 fu convocato per le Olimpiadi invernali di Innsbruck, dove finì 12esimo.
Poco dopo decise di abbandonare l’hockey per il tennis, nonostante avesse cominciato a praticarlo solo a 17 anni (la maggior parte dei giocatori di alto livello inizia intorno ai cinque) e non si considerasse un grande talento (“Sono il più grande tennista che non sa giocare a tennis”, ha detto). Nei primi anni della nuova carriera passò molto tempo in Italia assieme al suo compagno di doppio, Ilie Năstase, il più forte tennista rumeno della storia. Lea Pericoli, giocatrice italiana dell’epoca, ha raccontato sul Giornale che “per sfamare Năstase e se stesso” Tiriac “inventava qualsiasi tipo di scommessa” al Tennis Club Parioli, come giocare legato a una sedia o con un paio di pinne ai piedi. “Per qualche lira in più spaccava i bicchieri con i denti”.
Bucarest, 1972
Nel 1970 vinse il Roland Garros in doppio con Năstase, tra il 1969 e il 1972 giocò tre finali di Coppa Davis e le perse tutte contro gli Stati Uniti. La grande occasione fu nell’ottobre del 1972, quando la finale si giocò a Bucarest. Non fu solo la sfida tra un paese occidentale e uno comunista, ma anche uno dei primi grandi eventi sportivi dopo gli attentati delle Olimpiadi di Monaco, in cui morirono sei allenatori e cinque atleti israeliani, cinque terroristi dell’organizzazione palestinese Settembre Nero e un poliziotto tedesco. Uomini armati scortarono gli americani nel loro albergo di Bucarest, dove squadre speciali erano appostate sui tetti. Il capitano degli Stati Uniti, Dennis Ralston, rinunciò a uno dei suoi migliori giocatori, Harold Solomon, perché non voleva “che andasse là fuori pensando che qualcuno potesse sparargli”.
Tiriac, secondo il New York Times, fece di tutto per far innervosire gli avversari, mentre i giudici di linea erano così casalinghi che l’arbitro argentino Enrique Morea dovette allontanarne uno dal campo. Nel singolare decisivo, Tiriac riuscì a esasperare Stan Smith e strappargli due set, ma perse al quinto. “Tiriac è stato educato a credere che forzare le regole vada bene”, disse un altro campione dell’epoca, Arthur Ashe, al Los Angeles Times. “Non si bara, quello no. Ma forzare le regole per vincere va bene”.
Tennista di culto
In quel periodo Tiriac divenne un personaggio di culto nel mondo del tennis. Un po’ per lo stile poco ortodosso (“Ha il rovescio di uno che usa un tagliacarte”, scrisse il New York Times nel 1976), un po’ per l’aspetto insolito – baffo enorme, cespuglio di capelli neri, fisico da ex hockeista -, un po’ per il temperamento.
Nella serie tv Una squadra Adriano Panatta ha ricordato un’esibizione giocata con Tiriac a Quito, in Ecuador, a quasi quattromila metri di quota. “In campo c’era l’ossigeno, che io usavo ai cambi di campo. Mi diceva: ‘Guardati, italiano… prendi l’ossigeno… guarda qui l’uomo forte’. Si alzò e svenne”. Divennero famose anche le sue sfuriate contro i giudici di linea. Sempre nel 1976 il Nyt scrisse che “le sue gambe hanno 37 anni e ogni tanto devono riposarsi dal compito di portare in giro la sua enorme mole. E quale modo migliore di prendere tempo che istruire i giudici di linea sugli aspetti più disdicevoli dei loro antenati più prossimi?”. In un altro articolo, del 1993, ha raccontato che negli anni ’60 era celebre la sua colazione con sei bistecche, quattro piatti di pasta e una dozzina di uova.
Il suo ritratto più celebre lo scrisse, negli anni ’70, il giornalista premio Pulitzer John McPhee: “In qualche modo il baffo sopra la sua bocca suggerisce che quest’uomo sia stato in posti di cui la maggior parte delle persone non immagina l’esistenza. Sembra la pubblicità di un sigaro, un agente segreto che fa il triplo gioco, un venditore di auto usate del centro di Marrakesh. Tiriac ha l’aria di un uomo che sta per concludere un affare in una stanza sul retro che sta dietro un’altra stanza sul retro”.
Manager di campioni
Il tennis non l’ha reso ricco, ma, a suo dire, lo ha aiutato a diventarlo più tardi. “Il tennis ti dà più di Oxford”, ha detto al Corriere della Sera. “Le conoscenze e le esperienze dei tuoi 15 anni di carriera sportiva li puoi usare per i successivi 40”.
A metà degli anni ’70 Tiriac cominciò a dividersi tra la veste di giocatore e quella di allenatore. Prima ricoprì entrambi i ruoli per i Boston Lobsters del World TeamTennis, una lega professionistica americana dell’epoca (“Cosa succede se qualcuno salta l’allenamento? Non lo so, nessuno si azzarda a non venire”, disse John Alexander, un suo giocatore). Poi, secondo il giornalista di Sports Illustrated Curry Kirkpatrick, inventò la figura dell’allenatore tuttofare. Si occupava dell’incordatura delle racchette, di investimenti, di psicologia. Cominciò con Năstase, poi passò al suo rivale Guillermo Vilas. Ha detto al Corriere di avere “preso Björn Borg sotto la [sua] ala” e “cambiato il suo rovescio”. Dimostrò grande capacità di scovare talenti e accompagnò al successo campioni come l’ex numero uno del mondo Marat Safin e il vincitore di Wimbledon Goran Ivanišević. Fu soprattutto il manager di Boris Becker, che scoprì in un club di Montecarlo e portò a vincere Wimbledon a 17 anni. Tiriac ha smentito la leggenda secondo cui, per farsi assumere, si presentò in Rolls Royce bianca a casa di Becker.
“Tycoonescu”
Gli anni della collaborazione con Becker – dal 1984 al 1993 – furono quelli in cui si trasformò in uomo d’affari e imprenditore. Nel 1988 fondò a Montecarlo Elite Management, una società che gestiva le sue attività legate allo sport. Fu rappresentante di Siemens e Mercedes-Benz in Romania, entrò nel business del trasporto merci dell’aeroporto di Bucarest. Nel 1990 istituì la Ion Tiriac Commercial Bank, la prima banca privata rumena dopo la fine del comunismo, poi venduta a UniCredit. Nel 1994 iniziò con il noleggio auto e fondò una compagnia di assicurazioni che oggi si chiama Allianz Tiriac ed è tra le più importanti del paese. La stampa inglese cominciò a chiamarlo ‘tycoonescu’, il New York Times lo definì “il Donald Trump del nascente capitalismo rumeno”.
Oggi le sue attività sono raccolte nel Tiriac Group, fondato nel 1997. Al suo interno ci sono una divisione finanziaria, una immobiliare, una energetica che si occupa di prodotti petroliferi e sostenibili, una dedicata ai motori che importa in Romania Mitsubishi, Hyundai, Land Rover e Jaguar. E poi la compagnia aerea Tiriac Air, strutture sportive, servizi di sicurezza, media.
Non ha abbandonato lo sport e ha fatto fortuna come organizzatore di eventi. Il suo più grande successo è stato il torneo di tennis di Madrid, istituito nel 2002 e venduto nel 2021 alla società newyorkese Img. Ha collaborato anche all’organizzazione dei Mondiali di nuoto del 1990, del 1994 e del 1998.
Un altro signor Becker
Tiriac ha dichiarato che passare così tanto tempo lontano dalla Romania durante la sua carriera tennistica gli ha permesso di non iscriversi al partito comunista senza dover disertare. Sarebbe stato facile, ha detto, ottenere un incarico pubblico di alto profilo dopo la caduta del dittatore Nicolae Ceaușescu, ma si è limitato all’attività di lobbista, per favorire i rapporti tra la Romania e i paesi occidentali, e alla politica sportiva: è stato presidente del Comitato olimpico rumeno e presidente onorario della federazione di tennis.
Al di fuori degli affari, la sua passione sono le auto. Ne possiede alcune appartenute ad Al Capone, Elton John e Sammy Davis Jr. e si è vantato di possedere tutte le Ferrari, le Mercedes, le Jaguar e le Porsche uscite sul mercato. Ne ha così tante che una volta si è dimenticato una Ferrari F40 in un garage di Monaco di Baviera. La ritrovò anni dopo, coperta di polvere, un certo signor Becker. Era solo un omonimo. Tiriac inviò la macchina a Maranello per una revisione. Poi la rivendette al triplo del prezzo al quale l’aveva acquistata.
L’articolo Hockeista olimpico, rivale di Panatta, miliardario: la storia di Ion Tiriac, il tennista più ricco di sempre è tratto da Forbes Italia.