È stata tutta colpa della pandemia. “Avevo deciso di fare solo un film, massimo due all’anno. Ma poi, per quasi due anni, mi sono trovato a sedere sul divano senza nulla da fare. All’inizio un po’ di pausa dal mondo mi ha rilassato, poi morivo dalla noia. Alla fine, non appena mi hanno offerto due ruoli, in due serie, in 1923, il prequel di Yellowstone, uno show che ho adorato, e Shrinking, ho accettato senza nemmeno leggere la sceneggiatura”, confessa Harrison Ford. Di recente è stato addirittura in una produzione dei Marvel Studios, Captain American: Brave New World, e in un altro ruolo di Indiana Jones, Indiana Jones and The Dial of Destiny.
Harrison, in realtà, al principio di tutto sognava di essere un falegname. E pare affrontare la recitazione, come ha confidato a un amico, come se ogni film fosse il completamento di una casa. Diretto come non mai, atletico e sereno, con qualche ‘cicatrice’ e incidente dai vari set di film d’azione, non dimostra di certo i suoi 82 anni. Al tempo stesso continua a essere l’attore che assicura di più un successo di un blockbuster, il pubblico lo ama come i suoi più famosi personaggi da Star Wars alle serie di film di Indiana Jones a Blade Runner (ed è valutato oltre 300 milioni di dollari). Ma, forse, è apprezzato proprio, prima di tutto, per la sua schiettezza e per essere autentico a tutti i costi e per non stancarsi mai di combattere per le cause in cui crede.
Harrison è, da sempre, un grande ambientalista e ha collaborato con diverse associazioni tra cui Conservation International, di cui è vicepresidente, ed è molto attivo perfino nell’aiutare la comunità, le Food Banks e gli homeless, anche se non ci tiene a raccontare di tutto il bene che fa, per motivi di riservatezza, come non vuole mai parlare della sua vita privata.
Di recente è divenuto anche il testimonial del marchio automobilistico Jeep, con un bellissimo spot sulla libertà e sulla natura selvaggia, come sui valori veri e sull’amicizia. E ha lanciato la campagna a favore della biodiversità Listening to the quiet with Harrison Ford, con la E.O. Wilson Biodiversity Foundation, un bellissimo film sugli animali e quelle che chiama ‘le sinfonie silenziose della biodiversità’. Invita tutti ad ascoltarle e ad agire per salvare il nostro pianeta.
Lei è, fin da quando era giovanissimo, un grande amante della natura e pare si avventurasse a scoprire nuovi canyon tra le montagne del Wyoming.
L’umanità ha bisogno della natura. La natura può sopravvivere l’estinzione della specie umana, ma non il contrario. In Wyoming ero un boyscout e mi appassionai ai serpenti e nello scovare le loro tane, non ho mai avuto paura di loro, come degli altri animali. Dagli insetti ai grandi mammiferi a tutte le specie mi hanno sempre affascinato. Non mi sono mai sentito a disagio quando sono stato immerso nella natura selvaggia.
Lei collabora da anni con molte associazioni ambientaliste, tra cui Conservation International.
Mi piace la loro missione, che è proteggere la natura e la biodiversità, identificare i danni e trovare soluzioni pratiche o cercare di rimediare. Ho cominciato a collaborare con loro fin dagli anni ’90, ho preso parte a diverse cause e campagne, tra cui, anni fa, “Nature is speaking” in cui parlavo come fossi l’oceano… Sono molto attivo nel creare consapevolezza contro il cambiamento climatico, cerco di fare il possibile e collaboro con tante fondazioni e associazioni. So di essere un uomo come un altro che deve fare la sua parte, ridurre i consumi energetici, insegnare ai bambini a rispettare e amare il pianeta. Nel 2025 ho esortato, con un progetto con la E.O. Wilson Biodiversity Foundation, ad ascoltare quello che chiamo ‘il silenzio della natura’, che per me è il vento tra gli alti alberi della foresta, l’incedere inavvertito ma inarrestabile delle formiche, il volo di uno stormo di grandi uccelli su un lago, l’incedere di un elefantino ai primi passi, il muoversi dei fiori in un prato tra correnti d’aria. Ricordo sempre di immaginare quello che è ora un bambino da adulto, alla vostra età. Non volete che possa vedere quello che vediamo noi ora? Non sentite la responsabilità di lasciargli la possibilità di ammirare il miracolo e il potere della natura al suo massimo?
È molto attivo anche nello spronare i giovani ad agire.
Credo nei giovani e nella nuova generazione per salvare il pianeta, perché la vecchia ha chiaramente fallito. I giovani sono il nuovo motore che può garantire la fine della crisi climatica. Avverto forte questa responsabilità e mi batto per la sostenibilità in tutti i settori.
Lei è pure un appassionato pilota. È parte del consiglio onorario di Wings of Hope. Ha anche volato con il suo elicottero sull’Hudson River per individuare le cause dell’inquinamento.
Per me volare è una missione per salvare la natura e gli altri. È mio dovere agire.
Ha spesso salvato persone in difficoltà col suo aereo, anche se non ci tiene a farsi pubblicità.
Penso che la mia vita privata riguardi solo me. Ci tengo a tenere separata la mia professione, recitare, dalla mia vita vera. Non mi è mai importato nulla della celebrità. E odio essere al centro dell’attenzione. Ma so che parlare con i giornalisti è mio dovere, perché devo promuovere il progetto che sto facendo e per cui vengo pagato.
È vero che, in principio, non voleva fare l’attore?
Ero molto timido, al punto che mi tremavano le gambe sui set. Ma poi, alla fine, notai che avevo talento e mi piaceva entrare nei panni di un altro, raccontare storie. Mi appassionai semplicemente a questa professione, ma se non avessi sfondato. Quando ero giovane sognavo di divenire un ranger forestale o di lavorare miniere di carbone. Mi sembrava avventuroso. Di certo sapevo che non volevo fare lo stesso lavoro di mio padre: lavorare in ufficio tutto il giorno fino alla pensione. Volevo avere un’esistenza diversa, anticonvenzionale. Non mi piaceva andare ogni giorno nello stesso posto di lavoro, vedere la stessa gente, fare la stessa cosa per tutta la vita. Preferivo le sfide, anche se implicavano scelte più difficili. Fare l’attore mi permetteva di recitare differenti caratteri in svariate situazioni, era come vivere tante vite diverse.
Nella serie tv Shrinking interpreta un terapeuta che si confronta con diversi drammi suoi, dei suoi amici e familiari, dei suoi pazienti. Si è in qualche modo identificato con lui?
Ho cinque figli e ho avuto i miei problemi familiari, anche se evito di parlarne. Di certo ho qualcosa in comune con questo personaggio e mi ha intrigato, anche perché si esplorano diverse tematiche e problemi che riguardano tutte le famiglie e le persone. Adesso non faccio terapia, perché, alla mia età, so chi sono e cosa voglio, ma aiuta a comprendere a fondo quello che si vuole davvero e a superare blocchi o traumi.
Pare che la serie 1923 l’abbia pure molto appassionato.
È il prequel di Yellowstone, una serie molto popolare con Kevin Costner, sapevo che le aspettative erano alte. Non lessi la sceneggiatura prima di decidere e quando me la mandarono mi resi conto che il mio ruolo era più grande e impegnativo di quello che credevo. Sarebbe stato molto più lavoro, ma mi piace moltissimo e non vedo l ‘ora di essere sul set. È una saga familiare che porta a riflettere. Mi auguro ci saranno diverse stagioni.
Come è stato lavorare in Captain American: Brave New World?
Ho sempre voluto far parte dell’universo di Marvel, perché mi pareva che gli attori si divertissero veramente tanto. E, di recente, come ho detto, avevo bisogno di azione e nuovi stimoli. Così, è stata veramente una bellissima esperienza e sono stato circondato da altri attori molto simpatici e bravi. Volevo dare umanità al mio personaggio e penso di esserci riuscito, volevo farlo avvicinare alla gente e renderlo più umano.
La vedremo di nuovo in Indiana Jones?
Ho pensato che Indiana Jones and The Dial of Destiny sia il mio ultimo film di questa serie. Sono molto legato a questo personaggio, ama l’avventura, la storia, l’azione quanto me, ma penso abbia fatto il suo corso. Non c’è qualcosa che isola un film da un altro. È una questione di tempo, sono tutti un seguito uno dell’altro, si sviluppano come le mie rughe. Ora mi considero un uomo vecchio e mi piace pensare che la gente apprezzi questo personaggio come evoluzione della mia vita e della sua.
L’articolo Harrison Ford: “Volevo essere un falegname, oggi combatto per il pianeta” è tratto da Forbes Italia.