15 Luglio 2025

Donald Trump ha già cambiato idea sui dazi per 28 volte

Nei mesi successivi all’annuncio dei dazi del Giorno della Liberazione, ad aprile, Donald Trump ha continuato a cambiare rotta sulla sua politica economica più emblematica. L’ultima inversione è arrivata con la decisione di prorogare la sospensione dei dazi fino al 1 agosto: una delle tante retromarce che hanno spinto Wall Street a soprannominarlo ‘Taco Trump’ – acronimo di Trump Always Chickens Out (traducibile con ‘Trump si tira sempre indietro per paura’).

I tempi

2 aprile (Giravolta n. 1)
Trump presenta ufficialmente alla Casa Bianca la sua politica del Giorno della Liberazione” imponendo dazi estesi a quasi tutti i paesi, e contraddicendo le precedenti promesse di non prevedere eccezioni. Vengono infatti esentati prodotti come rame, farmaci, semiconduttori, legname, alcuni minerali critici ed energia.

Giravolta n. 2
I dazi finali non erano del tutto reciproci, cioè in linea con le aliquote applicate dai paesi stranieri sulle esportazioni Usa, come aveva promesso Trump. Il presidente ha spiegato che “non saranno completamente reciproci” perché “sarebbe stato troppo difficile per molti paesi”.

Giravolta n. 3
Trump aveva detto che le tariffe sarebbero state calcolate con una formula complessa, basata su dazi esistenti e barriere non tariffarie. In realtà, gli esperti hanno scoperto che i dazi sono stati calcolati dividendo semplicemente l’avanzo commerciale del paese con gli Usa per il suo valore di esportazione.

3 aprile (Giravolta n. 4)
Poche ore dopo che il consigliere commerciale Peter Navarro aveva dichiarato alla Cnbc che le tariffe “non erano negoziabili”, Trump ha detto ai giornalisti che era aperto a trattative, purché “gli altri paesi ci offrano qualcosa di buono”.

4–7 aprile (Giravolta n. 5)
Trump e i suoi consiglieri hanno rilasciato dichiarazioni contraddittorie sull’eventualità di negoziare le tariffe. Su Truth Social, Trump ha affermato che i dazi “non cambieranno mai”, salvo poi dichiarare, il 7 aprile, che “possono esistere dazi permanenti e trattative allo stesso tempo”.

9 aprile (Giravolta n. 6)
Trump ha sospeso a sorpresa i dazi più pesanti per 90 giorni – poche ore dopo la loro entrata in vigore e il conseguente crollo del mercato azionario – mantenendo solo una tariffa base del 10% e dazi più alti contro la Cina, nonostante avesse garantito che non ci sarebbero stati rinvii.

Giravolta n. 7
Trump ha contraddetto subito i suoi consiglieri, che avevano affermato che il rinvio fosse previsto. Il presidente ha detto ai giornalisti di aver preso la decisione solo quella mattina, perché “alcuni stavano andando fuori dalle righe” e “si stava agitando”.

11 aprile (Giravolta n. 8)
L’U.S. Customs and Border Protection ha pubblicato linee guida che esentano smartphone, computer e altri dispositivi elettronici dai dazi, nonostante Trump e consiglieri come Howard Lutnick avessero dichiarato di voler riportare la produzione di questi beni in patria.

13 aprile (Giravolta n. 9)
Trump ha negato la presenza di esenzioni per l’elettronica, sostenendo su Truth Social che “non c’è stata alcuna eccezione annunciata” e che le tariffe su smartphone e altri beni “sono semplicemente passate a un’altra categoria tariffaria”.

22 aprile (Giravolta n. 10)
Dopo aver affermato di essere “a suo agio” con il dazio del 145% sui beni cinesi, Trump ha dichiarato che intendeva ridurlo, spiegando di non voler essere “troppo duro” con la Cina.

29 aprile (Giravolta n. 11)
Trump ha firmato un ordine esecutivo che ha esentato le aziende che pagano il dazio del 25% su auto e parti auto da altri dazi, come quelli su acciaio e alluminio.

6 maggio (Giravolta n. 12)
Dopo aver detto che avrebbe fatto accordi con “tutti”, Trump ha raffreddato le speranze di intese imminenti, affermando che i suoi funzionari si erano espressi male.

Giravolta n. 13
Trump ha detto di non avere fretta di trattare con la Cina, sostenendo che gli Usa “non perdono nulla” senza scambi con Pechino. Ma poche ore dopo, la sua amministrazione ha annunciato colloqui con funzionari cinesi in Svizzera per il weekend successivo.

12 maggio (Giravolta n. 14)
Dopo aver ventilato un dazio dell’80% sui beni cinesi, il segretario al Tesoro Scott Bessent e funzionari cinesi hanno annunciato una tregua di 90 giorni sui dazi, con gli Usa che hanno ridotto la tariffa su molti prodotti cinesi al 30%.

16 maggio (Giravolta n. 15)
Trump ha detto per la prima volta che avrebbe inviato lettere ai paesi imponendo nuove tariffe, se non avesse raggiunto un’intesa, dichiarando che “150 paesi vogliono fare un accordo”.

18 maggio (Giravolta n. 16)
Bessent ha smentito Trump: le lettere sarebbero state inviate solo ai paesi che non negoziavano in buona fede, per avvertirli che torneranno in vigore le tariffe del 2 aprile.

23 maggio (Giravolta n. 17)
Dopo aver rimosso i dazi sugli smartphone, Trump ha minacciato di imporre una tariffa del 25% sugli iPhone se Apple non inizierà a produrli negli Stati Uniti.

Giravolta n. 18
Trump ha minacciato anche nuovi dazi del 50% sulle importazioni dall’Unione europea a partire dal 1 giugno, affermando che i negoziati con Bruxelles non stavano “portando a nulla”.

23 maggio (Giravolta n. 19)
Bessent ha ridimensionato le aspettative di “90 accordi in 90 giorni”, dicendo a Fox News che si aspettava solo “sempre più accordi” man mano che ci si avvicinava alla fine del periodo di 90 giorni.

25 maggio (Giravolta n. 20)
Trump ha rinviato i dazi del 50% sull’Unione europea al 9 luglio, promettendo di incontrare rapidamente i leader europei per “provare a trovare un’intesa”.

30 maggio (Giravolta n. 21)
Trump ha annunciato l’aumento dei dazi sull’acciaio dal 25% al 50%, con effetto dal 4 giugno, durante un evento in Pennsylvania.

11 giugno (Giravolta n. 22)
Bessent ha testimoniato davanti al Congresso che è “altamente probabile” un’estensione della pausa tariffaria. Trump ha confermato di non escludere un rinvio.

3 luglio (Giravolta n. 23)
Trump ha suggerito tariffe molto più alte di quelle iniziali (massimo 50%), dichiarando che le nuove aliquote sarebbero potute arrivare al 60-70%.

6 luglio (Giravolta n. 24)
Trump ha annunciato su Truth Social che le lettere sui dazi sarebbero state inviate a partire dal 7 luglio a mezzogiorno, rinviando la data promessa del 4 luglio.

Giravolta n. 25
Trump ha minacciato un ulteriore 10% di dazi contro “ogni paese che si allinea con le politiche anti-americane dei Brics”. In seguito ha imposto dazi al 50% al Brasile.

7 luglio (Giravolta n. 26)
Trump ha prorogato formalmente la scadenza dei dazi del Giorno della Liberazione al 1 agosto e ha inviato lettere a 14 paesi con nuove tariffe da applicare se non si chiuderanno accordi.

8 luglio (Giravolta n. 27)
Trump ha cambiato ancora: prima ha detto che il 1 agosto è una data “ferma, ma non al 100%”, poi ha affermato che “non ci saranno cambiamenti né proroghe”.

11 luglio (Giravolta n. 28)
Trump ha aperto all’idea di aumentare il dazio base (attualmente al 10%) per i paesi senza accordi, dicendo che potrebbero arrivare “al 15 o 20%”.

Perché Trump è diventato ‘Taco’

I frequenti cambi di posizione di Trump sui dazi, insieme al taglio dei tassi dopo le reazioni negative dei mercati, gli hanno fatto guadagnare a Wall Street il soprannome di ‘Taco Trump’ – ‘Trump always chickens out’, che sta per ‘Trump se la fa sempre sotto’.

Gli strateghi di Deutsche Bank hanno alzato le loro previsioni a giugno per l’indice S&P 500 sulla base della convinzione che Trump abbia “già ceduto” sulle tariffe e che ci saranno “ulteriori cedimenti” in futuro, e gli analisti di Wall Street hanno suggerito che il mercato azionario ha reagito in sordina alla nuova serie di lettere di Trump sulle tariffe, in gran parte a causa della tendenza del presidente a fare marcia indietro sulle sue minacce.

Il capo analista di mercato di Ig Group, Chris Beauchamp, ha definito l’ultimo lancio di tariffe un “flop totale”, sostenendo che “a torto o a ragione, gli investitori pensano di sapere cosa succederà da qui in poi”. “O i negoziati si concludono e viene annunciato un ‘accordo’ di qualche tipo (di solito nei termini più vaghi), permettendo a Trump di rivendicare una vittoria, o viene annunciata una nuova proroga della scadenza”, ha scritto Beauchamp.

Cosa ha detto l’amministrazione Trump

Il portavoce della Casa Bianca, Kush Desai, ha declrespintonato le accuse di ‘Taco Trump’ in una dichiarazione rilasciata a Forbes, affermando che la posizione dell’amministrazione sul commercio “non è mai cambiata: i decenni di pratiche commerciali straniere ingiuste che hanno lasciato indietro i lavoratori americani sono finiti. L’ossessione idiota dei media per gli stupidi meme non cambierà il fatto che il presidente Trump sta usando con successo le tariffe per proteggere le industrie americane, per ottenere migliaia di miliardi di investimenti storici, per rinegoziare accordi commerciali sbilanciati e per raccogliere miliardi di entrate per il governo federale”, ha dichiarato Desai.

Trump ha definito il soprannome Taco Trump ‘sgradevole’ e ha inveito contro l’idea che si stia “tirando indietro”, dicendo ai giornalisti a maggio: “Sapete, se fisso un numero, un numero ridicolmente alto, e scendo un po’, un po’, vogliono che mantenga quel numero”.

I tribunali possono fermare le tariffe di Trump?

Due tribunali hanno già stabilito che le tariffe del Giorno della Liberazione di Trump sono illegali e che il presidente ha superato la sua autorità imponendole. Tuttavia, i dazi rimangono in vigore, poiché le corti d’appello hanno sospeso le sentenze in attesa che il contenzioso si concluda.

La Corte d’Appello terrà le discussioni il 31 luglio sulla causa più ampia relativa alle tariffe, quindi non ci saranno novità sulla legalità dei dazi prima di quella data. I querelanti in una delle cause sulle tariffe hanno chiesto alla Corte Suprema di affrontare la questione con urgenza, chiedendo che i giudici ascoltino le discussioni orali sulla legalità delle tariffe non appena inizierà il prossimo mandato, o anche prima. La Corte ha però respinto la richiesta, per cui è ancora possibile che la Corte Suprema decida se le tariffe di Trump sono legali, ma non lo farà nei prossimi mesi.

Ci saranno altri cambiamenti sui dazi?

Non è ancora chiaro quale sarà l’aspetto finale dei dazi dopo il 1 agosto – nemmeno per i Paesi che hanno ricevuto lettere dall’amministrazione Trump con l’annuncio di nuovi dazi, visto che il presidente ha precisato che le tariffe potranno cambiare “a seconda delle nostre relazioni con il vostro Paese”. Molti dei paesi presi di mira da Trump hanno promesso di continuare i negoziati nella speranza di ottenere una tariffa migliore prima del 1 agosto.

Inoltre, non ci si aspetta che gli accordi commerciali eliminino del tutto le tariffe doganali per nessun paese. Lo ha sottolineato anche Lutnick dopo l’annuncio dell’intesa con il Regno Unito, spiegando che, per i paesi con un disavanzo commerciale verso gli Stati Uniti, “il massimo che possono ottenere è il 10% – e molto probabilmente sarà anche più alto”.

Trump ha anche minacciato tariffe del 200% sui prodotti farmaceutici e su altri prodotti come i semiconduttori, ma resta da vedere se queste si concretizzeranno ed entreranno in vigore. I legislatori democratici hanno chiesto all’amministrazione Trump di esentare dalle tariffe i prodotti per l’infanzia, cosa che Bessent ha dichiarato a maggio di stare “prendendo in considerazione”, ma la Casa Bianca non ha ancora fatto alcun annuncio in merito.

Le critiche

I democratici hanno denunciato i continui cambiamenti nella politica tariffaria di Trump, che secondo loro danneggiano ulteriormente l’economia. “La Casa Bianca non ha idea di cosa stia facendo sulle tariffe e continua a cambiare le carte in tavola. Lutnick ora dice che le esenzioni tariffarie, ad esempio sugli iPhone, sono temporanee. Perché fare un’esenzione se poi la si vuole revocare presto?”, ha detto il 13 aprile su X il rappresentante Ted Lieu della California. “La Casa Bianca non ha una strategia e sta rapidamente perdendo credibilità”.

Il contesto

Trump ha a lungo presentato le tariffe come un pilastro del suo programma politico, rendendole un punto centrale della sua campagna elettorale e promettendo più volte di applicarle. Il suo ultimo dietrofront sui dazi è arrivato dopo un’altra inversione di marcia sul tema delle tariffe con Messico e Canada. Poche ore dopo il suo insediamento, aveva annunciato l’imposizione di dazi del 25% sui due paesi a partire dal 1 febbraio. Le tariffe sono effettivamente entrate in vigore, ma sono state sospese già il 3 febbraio per 30 giorni.

I dazi sono poi entrati nuovamente in vigore il 4 marzo, anche se Trump ha poi sospeso i dazi sulle automobili e ha esentato molti prodotti il 6 marzo. Il presidente ha portato avanti i suoi piani nonostante gli avvertimenti degli economisti, secondo i quali ciò avrebbe fatto aumentare i prezzi per i consumatori americani e danneggiato l’economia. Cose che si sono manifestate con l’entrata in vigore delle tariffe, facendo crollare il mercato azionario e portando gli esperti a parlare di una recessione incombente.

L’articolo Donald Trump ha già cambiato idea sui dazi per 28 volte è tratto da Forbes Italia.