Articolo tratto dal numero di luglio 2025 di Forbes Small Giants. Abbonati!
di Mirko Crocoli
Tra le più eclettiche e autorevoli attrici del panorama italiano, Claudia Gerini ha calcato il set di oltre 100 pellicole nazionali e internazionali, con sette candidature ai David di Donatello e un oro per Ammore e Malavita, diretto dai Manetti Bross, e tante altre performance apprezzate dalla critica ai Nastri d’argento, oltre che dal pubblico che la segue sin dai suoi primi passi. Enfant prodige, la carriera per Gerini parte da giovanissima, con il concorso Miss Teenager che vince e – due anni dopo – la sua prima interpretazione nel ruolo della figlia di Lino Banfi in Roba da Ricchi. Ma è il sodalizio con l’amico di sempre Carlo Verdone a segnare un solco profondo nell’immaginario collettivo: la sua Jessica, romana doc, in Viaggi di nozze (che oggi compie 30 anni), che la pone di diritto nell’olimpo delle dive più amate del cinema moderno, insieme a Grande, grosso e… Verdone le regalano uno straordinario successo.
Non mancano i ruoli anche in colossal hollywoodiani, quali La passione di Cristo di Mel Gibson, o in sceneggiature drammatiche e non più comedy, da Suburra – La serie a Non ti muovere di Sergio Castellitto, con Penelope Cruz, in cui le colleghe si cimentano con straordinario talento rispettivamente in Elsa e Italia. E poi c’è il teatro, una sua grande passione, il doppiaggio, i programmi televisivi, gli spot pubblicitari, la musica e di recente, nel 2022, la sua opera prima da produttrice e regista, Tapirulàn. Un vero e proprio battesimo di Claudia Gerini dietro la macchina da presa.
Gerini, qual è il lungometraggio che più si porta nel cuore?
A parte i lavori con Carlo Verdone, che sono parte della mia vita, il film Non ti muovere di Sergio Castellitto lo sento particolarmente importante. Insieme a Penelope Cruz abbiamo interpretato Elsa e Italia, tratto dal romanzo omonimo, di grande successo, di Margaret Mazzantini. Rappresenta sicuramente un punto di svolta nella mia carriera, sia perché Sergio ha iniziato a vedermi anche come attrice drammatica – fino ad allora avevo fatto lavorato soprattutto nelle commedie – sia perché, mentre giravamo, sono rimasta incinta della mia prima figlia. E quando nel film c’è una scena in cui annuncio a mio marito che sto aspettando un bambino, in realtà stava accadendo davvero. Momento storico e magico.
Sodalizio epico con Carlo Verdone. Cosa ci racconta di Carlo e della vostra simbiosi sul set?
Con Carlo diventiamo automaticamente marito e moglie. Siamo una coppia molto affiatata, un’alchimia attoriale unica, due professionisti che recitano in modo assolutamente naturale, armonico, simbiotico. E non avrei mai pensato che un mio idolo da bambina sarebbe poi diventato il regista che mi avrebbe donato lo scettro della commedia. Non sapevo di avere quelle corde brillanti e comiche che Carlo ha saputo tirar fuori e trasmettere grazie al suo talento. Ci lega un grande affetto. Quest’anno abbiamo celebrato 30 anni di Viaggi di nozze al Teatro Petruzzelli di Bari con 1.300 persone, un tripudio dinanzi a Ivano e Jessica sul grande schermo. Ovviamente un’immensa emozione.
Molto teatro anche. Quali sono le differenze, quantomeno emozionali, tra un ciack e un sipario?
Ho iniziato la mia carriera a soli 15 anni. Tanto cinema senza dubbio, ma anche sei spettacoli teatrali. Il teatro mi nutre, mi piace moltissimo, ho fatto anche un ‘one woman show’. Quando si apre il sipario il contatto con il pubblico è diretto, ci puoi dialogare, interagire. Due mezzi differenti. La recitazione si anima di due stili distinti. In teatro per due ore di fila si è quel personaggio, nel cinema entri e esci più e più volte dalla tua dimensione. Non potrei mai scegliere. Nel cinema devi riuscire a dare delle sfumature, trasmettere, ma senza troppo calcare la mano.
Da attrice, con ruoli indimenticabili, a produttrice (quindi imprenditrice) cinematografica. Di fronte e dietro le telecamere. Cosa cambia nelle due diverse dimensioni?
Nel 2022 ho esordito alla regia con Tapirulàn, e adesso sono in sviluppo altre due serie. Una è Pionieri, ambientato tra il 1908 e il 1920, che parla dei cinque italiani che hanno inventato tecniche cinematografiche prima inesistenti. Rappresenta una sorta di omaggio al cinema italiano. Dell’altra parlerò un po’ più avanti, in quel caso sarò anche protagonista. Credo sia naturale nel business evolversi. Il ruolo di produttrice non è quello più congeniale per me. I momenti in cui mi mi trovo meglio sono le varie fasi di creazione e produzione, soprattutto quando si tratta di mettere insieme le persone giuste, le tante professionalità che ruotano attorno ad un progetto cinematografico.
Lei insegna anche recitazione in accademia. Cosa suggerisce o ci tiene a ribadire ai suoi allievi?
Quando faccio le Masterclass mi piace trasmettere un concetto fondamentale. Quello di ascoltare molto l’altro attore, di lasciarsi andare, fare scelte precise all’inizio della preparazione del personaggio, sulla sceneggiatura, per poi però andare di pancia, d’istinto, farsi trascinare dall’emozione. Ma soprattutto non aver paura di sbagliare. Insomma, osare!
Come vede il sistema cinema italiano? Il suo punto di vista sulla situazione attuale?
In splendida forma. Quest’anno sono usciti dei film incredibili, che hanno sbancato al botteghino. Diamanti di Ferzan Ozpetek e I ragazzi dai pantaloni rosa, per la regia di Margherita Ferri. Il nostro cinema è in salute, ciò che manca sono gli investimenti da parte di tutti noi, e il problema del tax credit (incentivi per il settore) va risolto per far tornare l’Italia al centro della cinematografia mondiale.
L’articolo Dal set alla produzione, Claudia Gerini racconta la sua nuova avventura come imprenditrice cinematografica è tratto da Forbes Italia.