19 Settembre 2025

Così Volvo sta cercando di costruire auto riciclate

Volvo Cars non è un colosso dell’industria automobilistica: lo scorso anno ha consegnato meno di 800.000 veicoli. Ma in tema di sostenibilità, le sue ambizioni sono molto più grandi.

Oltre a elettrificare la propria gamma, Volvo sta convertendo le fabbriche per renderle carbon neutral e punta a ridurre del 50% l’uso dell’acqua. Entro la fine del decennio, l’azienda con sede a Göteborg, in Svezia, vuole che il 35% di tutti i materiali utilizzati nella produzione di una nuova auto sia riciclato, un obiettivo che rappresenta un primato nel settore. L’obiettivo finale è diventare un’azienda completamente circolare entro il 2040.

“È qui che vediamo di poter avere un impatto”, ha dichiarato la chief sustainability officer Vanessa Butani, inserita oggi nella lista dei Sustainability Leaders di Forbes. “Siamo piccoli, ma con l’ambizione che abbiamo, il nostro patrimonio e anche sapendo che è ciò che ci si aspetta da noi — clienti e stakeholder — vogliamo fare da apripista”.

Obiettivi elettrico e zero emissioni

L’industria automobilistica statunitense è in subbuglio: l’amministrazione Trump cerca di rallentare drasticamente la transizione ai veicoli elettrici, allentare le regole sulle emissioni e sull’ambiente e promuovere l’idea che il cambiamento climatico non sia così preoccupante come si vuol far credere agli americani. Ma ciò ignora l’intensa competizione globale tra i costruttori, soprattutto in Asia e in Europa, per dimostrare ai consumatori che stanno adottando grandi cambiamenti per ridurre le emissioni di carbonio e passare all’elettrico. E, pur essendo più piccola di molti rivali, Volvo si sta muovendo rapidamente per rinnovare le sue operazioni.

Fondata quasi un secolo fa, Volvo Cars — da non confondere con la sua ex capogruppo di veicoli industriali AB Volvo — è il principale marchio automobilistico europeo della cinese Geely Holdings, che l’ha acquistata da Ford nel 2010. Produce anche EV ad alte prestazioni per Polestar, affiliata che condivide la stessa proprietà. (Entrambi i marchi hanno firmato questo mese una lettera in cui chiedono all’UE di non allentare l’obiettivo del 2035 che di fatto impone che tutti i veicoli siano elettrici). Il legame con la Cina è utile, dato che il Paese è di gran lunga il più grande acquirente mondiale di veicoli elettrici e rappresenta il secondo mercato di Volvo Cars, dopo l’Europa e davanti agli Stati Uniti.

Dal 2021, l’azienda ha reso carbon neutral gli stabilimenti di assemblaggio in Svezia e Cina, utilizzando il biogas come principale fonte di energia. Nel 2022 ha annunciato che un nuovo impianto in Slovacchia, in apertura l’anno prossimo, sarà anch’esso alimentato da energia a zero emissioni. La società utilizza anche il processo di “megacasting”, che sostituisce 100 piccoli componenti con un’unica grande parte in alluminio, riducendo costi e emissioni in fabbrica.

L’economia circolare di Volvo Cars

Ma il suo obiettivo di riciclo è forse il più ambizioso. Volvo sta collaborando con l’acciaieria svedese SSAB per utilizzare acciaio riciclato, ma produrre auto con percentuali più alte di contenuto riciclato non è così semplice come in passato, quando le auto erano principalmente fatte di acciaio, alluminio, vetro e gomma, prima che grandi quantità di plastica, elettronica complessa e batterie agli ioni di litio entrassero in gioco.

L’azienda sta comunque facendo progressi, soprattutto con la nuova ES90, il suo EV premium, ma resta molto da fare per raggiungere il target del 35%, ha ammesso Butani. “Stiamo arrivando al 29% di alluminio riciclato nella ES90; 18% di acciaio riciclato e 16% di polimeri e materiali bio-based. Ci stiamo avvicinando, ma è difficile”, ha detto. “Ci siamo resi conto che è complicato quando si introducono le batterie. Questo rende tutto più complesso”.

Il motivo è che la disponibilità di materiali riciclati per le batterie, in particolare il litio, è ancora limitata, anche se in crescita. Di conseguenza, le celle agli ioni di litio dipendono ancora fortemente da una catena di approvvigionamento globale di materie prime, gran parte delle quali lavorata e raffinata in Cina, aumentando così l’impronta carbonica della produzione di EV. Ciononostante, Volvo ha fatto progressi nell’offrire i cosiddetti “passaporti delle batterie” per i suoi modelli elettrici, che indicano materiali utilizzati, provenienza e modalità di produzione, con due anni di anticipo rispetto a una nuova normativa UE che li renderà obbligatori.

“Cerchiamo di essere il più trasparenti possibile”, ha affermato Butani.

La transizione degli ibridi plug-in

Diversamente dalla Cina, dove il mese scorso i veicoli elettrici e gli ibridi plug-in hanno rappresentato il 56% delle vendite di nuove auto, i cambiamenti normativi negli Stati Uniti probabilmente freneranno le vendite dei modelli EV che Volvo offre lì — anche se ciò non rallenterà le sue ambizioni. Nel frattempo, però, ha spiegato Butani, significa puntare di più sugli ibridi plug-in, piuttosto che sui veicoli completamente elettrici.

“Continueremo a investire e innovare negli Stati Uniti, fornendo la nostra tecnologia per l’elettrificazione, ma lavoriamo anche con la nostra tecnologia ponte, gli ibridi plug-in”, ha detto Butani. “Il veicolo elettrico è un prodotto migliore. Può volerci del tempo, ma siamo comunque determinati a dimostrare ai consumatori che lo è. Una volta che se ne rendono conto, lo amano. Ma gli ibridi plug-in sono un’ottima transizione”.

L’articolo Così Volvo sta cercando di costruire auto riciclate è tratto da Forbes Italia.