1 Ottobre 2025

Con l’IA la posta in gioco non è solo economica: è la libertà stessa

Paolo Venturi è direttore dell’Aiccon Research Center

Viviamo in un’epoca paradossale, in cui l’intelligenza artificiale promette di moltiplicare le possibilità umane mentre, nello stesso istante, incombe la paura di diventare spettatori passivi di algoritmi che decidono al posto nostro. La tentazione è forte: delegare alla macchina il peso dell’incertezza, affidare al calcolo la responsabilità di scelte che chiedono coraggio, rinunciare alla fatica di immaginare alternative. Ma la domanda che inquieta non è quanto l’IA ci renderà più produttivi, bensì per cosa saremo liberi nell’era delle macchine pensanti.

La tecnologia non è mai neutrale: può essere strumento di liberazione o catena invisibile. In Cina il credito sociale decide se un cittadino può viaggiare o accedere a un prestito; in Ungheria il riconoscimento facciale colonizza le piazze; in Occidente cresce la fiducia cieca in piattaforme che offrono comodità in cambio di dati e controllo. È il trionfo della post-verità: sistemi che elaborano correlazioni senza comprendere significati, incapaci di distinguere il vero dal falso, ma potentissimi nel produrre narrazioni che diventano socialmente credute e quindi reali. È l’era delle ‘fake truth’, verità false che si impongono come fatto sociale. Se la politica abdica al coraggio e la società civile si rassegna alla delega, l’uomo non è più protagonista, ma spettatore di un processo che desertifica senso e decisione.

L’IA come minaccia, l’IA come alleata

Eppure l’IA potrebbe diventare alleata della libertà, se usata per potenziare ciò che è irriducibilmente umano: il bisogno di espressione attraverso il lavoro, la capacità critica di pensare senza piegarsi all’inerzia del calcolo, la forza del desiderio che immagina l’impossibile, l’intelligenza comunitaria che dà valore e concretezza ai diritti. Senza un lavoro che abbia senso, la vita si svuota: lo mostrano i dati raccolti da Angus Deaton e Anne Case sulle ‘morti per disperazione’ negli Stati Uniti, dove la crisi di significato ha inciso più della povertà materiale.

Senza pensiero critico, la democrazia si piega alla manipolazione di piattaforme che conoscono le nostre paure meglio di noi stessi. Senza desiderio, restano solo simulacri di innovazione: l’homo consumens ha preso il posto dell’homo desiderans, riducendo l’immaginazione al recinto dell’utilità e lasciando spazio a rivalità, violenza e omologazione, come già denunciava René Girard con la sua teoria del desiderio mimetico. Senza comunità, i diritti restano parole vuote: non basta averli scritti sulla carta, serve un ambiente in grado di renderli esigibili, e questo ambiente non lo garantisce lo Stato da solo, né il mercato da solo, ma una rete di istituzioni sociali, mutualistiche e cooperative che coltivano prossimità e fiducia.

La libertà come posta in gioco

In questo quadro, l’IA può potenziare la cooperazione e la mutualità oppure accentuare la concentrazione di potere e risorse. Può favorire la biodiversità delle organizzazioni e il pluralismo democratico oppure alimentare la desertificazione sociale e il dominio della plutocrazia. La posta in gioco non è solo economica: riguarda la libertà stessa. Non la libertà intesa come assenza di vincoli, ma la libertà come forza generativa: non liberi da, ma liberi per. Per lavorare con dignità, per pensare con coraggio, per desiderare senza paura, per costruire comunità resilienti. Ecco perché Le Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile di Aiccon, che celebrano quest’anno la loro XXV edizione, assumono un significato speciale: sono uno dei pochi luoghi dove accademici, policy maker, imprese sociali, studiosi ed esperti si incontrano per interrogarsi sul senso delle trasformazioni e non solo sui loro effetti immediati. Non un convegno tecnico, ma un laboratorio culturale dove la libertà diventa oggetto di riflessione collettiva, perché senza un fattore comunitario capace di valorizzare il fattore umano non esiste progresso autentico.

In un tempo in cui il lungo-termismo dei miliardari guarda a Marte e il corto-termismo dei governi continua a spremere fino all’osso il pianeta, la vera terza via è costruire qui e ora un futuro abitabile, democratico, desiderabile. Ma questo non avverrà per inerzia, né sarà frutto di un colpo di genio isolato: richiede decisioni collettive, assunzione di responsabilità, un cambio radicale di sguardo. Chi desidera un mondo diverso deve impegnarsi a generarlo, non limitarsi a dichiararlo. La libertà, nell’era dell’intelligenza artificiale, non sarà più un dato acquisito, ma un campo di lotta. Sarà necessario difenderla non solo contro regimi autoritari ma anche contro l’assuefazione tecnologica che trasforma la delega in normalità. Sarà indispensabile educarci al desiderio, custodire il pensiero critico, rigenerare il senso del lavoro, rafforzare le comunità. L’IA è già tra noi, non è un fantasma futuro: la scelta è se usarla per estinguere o per generare.

L’articolo Con l’IA la posta in gioco non è solo economica: è la libertà stessa è tratto da Forbes Italia.