Articolo tratto dal numero di luglio 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
La Pearl Harbor russa. Così verrà ricordato l’attacco ucraino di giugno a diversi aeroporti militari russi, che ha causato, secondo Kiev, la distruzione di 41 cacciabombardieri e danni stimati in oltre 7 miliardi di dollari. La particolarità di questa operazione, che ha colpito basi militari anche a 4.500 chilometri dal fronte, è quella di essere stata portata a termine non da jet o missili balistici, ma da 117 droni. Questi ultimi, in gergo tecnico aeromobili a pilotaggio remoto (Apr) o, in inglese, unmanned aerial vehicle (Uav), sono diventati un fattore decisivo in tutti gli scenari di guerra globali. Eduardo Galeano, ne I figli dei giorni, li ha definiti “guerrieri perfetti” perché permettono di colpire il nemico mantenendo una debita distanza ed evitando la perdita di vite umane.
Gli antenati dei droni
Un primordiale aeromobile a pilotaggio remoto comparve sulla scena il 22 agosto 1849 nella Venezia assediata dagli austriaci. Quel giorno il generale asburgico Radetzky, su consiglio di un suo tenente, lanciò un attacco con palloni aerostatici dotati di 15 chilogrammi di esplosivo. Il vento, che soffiava nella direzione opposta a quella sperata, fece però tornare indietro i palloni, che caddero sulle linee austriache. Il prototipo dell’Apr moderno fu ideato, nel 1918, dal generale americano Kettering: il cosiddetto Kettering Bug. Il nome drone deriva dal tedesco drohne – che significa fuco, il maschio dell’ape – per via del rumore simile a quello delle api che fanno i droni quando si alzano in cielo.
Il loro primo utilizzo fu nella guerra del Vietnam, con i modelli americani Predator e Reaper. Le date da non dimenticare sono due: il 4 febbraio 2002, quando si registrarono le prime tre vittime accertate di un attacco di droni in Afghanistan, e il 2020, quando, secondo un rapporto Onu, per la prima volta un drone turco in Libia avrebbe attaccato in maniera autonoma una postazione dei soldati del generale Haftar.
Quanto vale il mercato dei droni
Secondo i dati di Straits Research il mercato dei droni raggiungerà già nel 2025 i 24,3 miliardi di dollari e nel 2033 arriverà a 56,7 miliardi. Questo perché gli Apr possono svolgere molteplici compiti: sorveglianza, ricognizione, raccolta dati, attacco aereo e supporto logistico. Se confrontato con quello di jet da combattimento come gli F35 (che possono arrivare a costare oltre 100 milioni di dollari l’uno) il costo dei droni è relativamente basso: si va dai 28 milioni di un drone americano Reaper ai 5 milioni del turco TB2, fino ai 20mila del drone iraniano Shahed 136.
I droni in Ucraina
La guerra russo-ucraina ne ha definitivamente confermato la centralità nei conflitti moderni. Secondo dati Acled, da maggio 2024 a oggi gli attacchi russi con droni sono più numerosi di quelli con missili o artiglieria. Il 26 maggio la Russia ha compiuto il più grande attacco con droni dell’intera guerra inviando oltre 300 Apr contro varie città ucraine. I russi hanno in dotazione soprattutto Shahed 136, rinominati Geran-2, usati per disturbare le linee di difese antiaeree per far esaurire le munizioni al nemico. Gli ucraini, invece, usano i TB2 e droni di fabbricazione locale con un costo medio di 5mila dollari.
Le superpotenze
Iran e Turchia sono due tra le principali potenze mondiali dei droni, oltre a Cina e Stati Uniti. Teheran, colpita da anni di embargo, non è mai riuscita a creare un’aviazione moderna. Per questo ha cercato alternative specializzandosi nella produzione di droni, i cui pezzi di ricambio sono più facili da reperire, anche sul web, e molto meno costosi. La Turchia ha una delle aziende più importanti al mondo per gli Apr, Baykar, che recentemente ha siglato una partnership con Leonardo per sviluppare nuovi droni militari e acquisito la maggioranza di Piaggio Aerospace.
La tecnologia turca ha raggiunto livelli altissimi con i droni Kargu-2, che sono in grado di identificare tramite il riconoscimento facciale i target e colpirli in totale autonomia. Gli Apr turchi hanno mostrato la loro efficacia in Libia, contro Haftar; in Sudan, favorendo la riconquista della capitale da parte dell’esercito regolare; in Nagorno Karabakh, dove hanno permesso agli azeri di avere la meglio e in Etiopia, contro i ribelli del Tigray. Per il presidente Erdogan, quindi, i droni sono anche un’arma geopolitica per supportare gli alleati e accrescere la sua influenza geostrategica.
La Cina resta comunque il primo esportatore al mondo di Apr. Secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, Pechino negli ultimi dieci anni ha consegnato 282 droni da combattimento, contro i 12 degli Stati Uniti, venduti solo a Francia e Regno Unito. Inoltre, un’inchiesta del Telegraph ha rivelato che la Cina nel 2020 ha fornito, in cambio di petrolio libico, 32 droni militari ad Haftar, mascherati da aiuti per il Covid-19.
In Europa Germania, Francia, Italia e Spagna stanno sviluppando il primo eurodrone, che dovrebbe essere pronto entro il 2028. L’Italia, che al momento non ha Apr armati, ha in programma l’acquisto da Leonardo di quattro armati in attesa della fornitura dagli Stati Uniti dei Reaper.
Mai più senza
Non avere a disposizione droni militari oggi è molto penalizzante. In Ucraina hanno quasi sostituito i carri armati, che ora, per paura di attacchi kamikaze degli Apr, rischiano sempre minori sortite o le rischiano solo se scortati dai loro droni. Inoltre, hanno in parte sostituito i jet da combattimento, che, se intercettati o abbattuti, hanno un costo altissimo di sostituzione, oltre che di capitale umano dei piloti. Per di più l’uso dei droni potrebbe capovolgere lo status quo anche nella guerra aeronavale: potrebbe diminuire di molto l’importanza delle portaerei, su cui la marina statunitense ha basato il suo dominio sui mari globali. Un attacco coordinato di droni potrebbe distruggere o rendere inoffensivi gli aeromobili sulle navi prima che si mettano in volo. Sarebbe una svolta cruciale soprattutto nella sfida a distanza Cina-Usa. Pechino non avrebbe bisogno di colmare il costoso divario con Washington nel numero delle portaerei.
Minori perdite di vite umane, minori costi e maggiore letalità ed efficacia. I droni potrebbero cambiare non solo le sorti dei conflitti, ma ridefinire la geopolitica globale.
L’articolo Come i droni sono diventati una delle chiavi delle guerre di oggi è tratto da Forbes Italia.